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F. T. W. - Fuck the World

Regia di Michael Karbelnikoff vedi scheda film

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La recensione su F. T. W. - Fuck the World

di FilmTv Rivista
2 stelle

Ci sono autori che lavorano sulla morte del mito, sulla fine delle leggende e sull'impossibilità della nostalgia, e ne ricavano capolavori: Clint Eastwood con Gli spietati e Un mondo perfetto. E ci sono autori che portano alle estreme conseguenze la disperazione vuota, antimitica e distruttiva di Scorsese, e realizzano frenetici balletti di autoironia, morte e deflagrazione della realtà: Quentin Tarantino, Abel Ferrara, i fratelli Coen. E ci sono registi e, in questo caso, attori-sceneggiatori, che fingono di non accorgersi che il tempo è passato, rimestano sempre la stessa minestra di ideali crollati negli anni '70, la insaporiscono con qualche ammiccamento al cinema degli anni '90, e ce la servono così, stracotta, diluita, inutile. F.T.W. (Fuck the World, fottitene del mondo, ma anche, con ardito simbolismo, le iniziali del nome del protagonista, Frank T. Wells) usa proprio questa ricetta: eroe tra Steve MacQueen di Pekinpah e Kevin Costner di Un mondo perfetto (senza la rabbia del primo e l'ambiguità del secondo), un paranoico e sangue sul parabrezza alla Tarantino (ma diluiti dalla qualità cartolinesca dell'insieme), un'eroina che scimmiotta Geena Davis e Kim Basinger (a seconda che spari o faccia sesso). Aggiungere un dialogo tutto sentenze e niente ironia, luoghi comuni tipo la felicità della coppia tra le giostre, tanti cavalli liberi e selvaggi, un amplesso nel fiume, un finale che copia prima Thelma & Louise e poi Un mondo perfetto (con tanto di elicottero), caratteri senza progressioni, un'insopportabile fotografia flou. Risultato: un'interminabile spot pubblicitario, tra la stazione termale e la Marlboro Country. Quanto ai 189 cowboy, 107 tori e 142 cavalli che, secondo la pubblicità, sarebbero stati usati per le riprese del rodeo, di sicuro erano ben lontani dalla macchina da presa, che più di un paio di cavalieri disarcionati e di Mickey Rourke attaccato alla sua sella non ci fa vedere. «In nessuno dei miei ultimi film, mi sono impegnato tanto come in questo» ha detto Rourke, che ha scritto anche il soggetto con lo pseudonimo Sir Eddie Cook. Sarà anche vero, ma si limita a cambiarsi le camicie ricamate da rodeo e ad aggirarsi per la scena con l'aria un po' suonata. Ha anche aggiunto: «In questo lavoro, se non riesci a far uscire quella parte di te che è più forte, corri il rischio di diventare piuttosto rintontito». E forse, dieci anni di film sbagliati l'hanno irrimediabilmente segnato.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 26 del 1994

Autore: Emanuela Martini

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