Regia di Feng Xiaogang vedi scheda film
FAR EAST FILM FESTIVAL 19 - UDINE
Li Xuelian è una donna cinese che, per motivi di necessità legati all'assegnamento di un secondo alloggio, finge col marito una separazione. In realtà poi il marito, una volta ufficializzato il divorzio, sposa un'altra donna e la abbandona.
Per questo la donna tenacemente si prodiga a portare il suo caso sino si vertici più elevati della gerarchia giuridica, insistendo che il suo atto originario fu simulato e per questo viziato da irregolarità di fondo tali da dover essere reso inefficace, per lasciar procedere i due coniugi ad un vero reale divorzio.
Considerata una pazza, una mitomane che si attacca a cavilli inutili per farsi notare, una perditempo, il suo caso viene rimbalzato ai vari livelli più alti di giudizio senza esito alcuno; ma la costanza della donna, che ogni anno per 10 lunghi anni si ostina a far riaprire il caso, fa sì che il caso arrivi sul tavolo del sindaco e poi del prefetto della contea, generando un caso da manuale giuridico e uno scoop mediatico quasi senza precedenti.
L'ossessione della donna è quella di togliersi di dosso la nomea di una sorta di Madame Bovary (nella singolare accezione cinese a cui la tradizione dà generalità differenti legati alla storia tramandata di padre in figluo di una donna fedifraga ed avvelenatrice come la meravigliosa protagonista del capolavoro di Flaubert), o almeno questo è ciò che ella vuole far apparire ed esterna alla pubblica opinione.
Lo "Spielberg cinese" Feng Xiaogang disegna, con stile mirabile e una sceneggiatura di ferro, innanzi tutto un ritratto di donna eccezionale nella sua cocciuta intransigenza a proseguire testarda e fiera per la sua strada, piegando istituzioni e inducendo a far capire alle massime autorità che il cittadino umile e solo va prima di tutto ascoltato e poi difeso, e non semplicemrnte accondisceso e circuito per poi essere abbandonato a se stesso.
Il gran regista ci fornisce, con questo spunto, anche il ritratto finemente sfaccettato di una Cina dell'ultimo ventennio, ove il progresso è ormai entrato a far parte anche della vita di coloro - come la protagonista sempluce locandiera e di fatto ignorante o poco istruita - ancora legati alle attività più tradizionali e povere delle immense periferie e campagne.
Per far questo Xiaogang utilizza una ripresa sofisticata anche già a livello di forma, che predilige inquadrature d'insieme molto indirizzate su una concentrazione quasi pittorica dei particolari, indirizzati sul centro schermo, alternando con stile eccezionale (una galleria segna la fine del circoli per il taglio rettangolare e una finestra a occhio di bue preannuncia il ritorno al bordo circolare) l'immagine a circolo con quella quadrangolare, e utilizzando -per esaltare il raffronto pittorico -movimenti molto lenti di macchina e qualche volta campi fissi.
Ne esce fuori un ritratto efficace ma stilisticamente raffinato di una civiltà contemporanea forte di una cornice quasi retrò tipica del romanzo ottocentesco, ed arricchendo il film contemporaneo di un contesto formale che ben si addice ai concreti contenuti della vicenda.
Dunque un film forte ed appassionante come la figura della protagonista, il cui impeto e foga di giustizia troveranno modo di chiarirsi, facendoci capire che la sua non fu affatto una semplice ossessione o capriccio isterico durati un decennio, ma un vero e proprio calvario giuridico e umano che, una volta chiarito, rende allo spettatore tutto più comprensibile e condivisibile.
Premiato in sala tra ovazioni col premio alla carriera, il rrgista Feng Xiaogang ci regala quest'anno il film probabilmente più sfaccettato e denso di tutto il 19° FEFF; in quanto tale il cineasta meriterebbe pure, nonostante ciò, l'ulteriore premio del pubblico da parte di un festival che ha già avuto l'onore di ospitarlo in oltre una decina di preziose occasioni precedenti.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta