Regia di Amanda Kernell vedi scheda film
Negli anni trenta una ragazza sami, desiderosa di diventare insegnante anziché allevare renne (unica occupazione che il governo svedese considera appropriata per i sami) decide di tagliare i ponti con il suo popolo e la sua famiglia per frequentare una scuola svedese.
Con questa premessa, devo dire che ho trovato il film un po' spiazzante e l'ho seguito con una duplice sensazione. Interessante e accattivante nel raccontare la storia privata della protagonista, piuttosto deludente per quello che mi aspettavo potesse essere anche un film di denuncia. Allo stesso tempo, se da un lato la protagonista ispira simpatia e stima per la determinazione con cui persegue il suo sogno di diventare insegnante, nonostante tutte le avversità; dall'altro suscita un certo biasimo per il modo in cui lei stessa sembra fare propri e credere ai pregiudizi di cui è oggetto il suo popolo e per la facilità con cui rinnega le proprie radici, al punto che pare farlo non tanto perché costretta, ma perché se ne vergogna. Ignorando che la costruzione del futuro non dovrebbe mai prescindere dal passato, che sia personale o del proprio popolo, dal momento che è uno dei fondamenti dell'identità.
Dunque, se Sameblod voleva presentare anche una critica dell'atteggiamento dello stato svedese di qualche decennio nei confronti dei sami, questa risulta un po' troppo edulcorata, pensando a come i sami venivano veramente trattati. Ma tenuto conto che si tratta di una produzione svedese, è già tanto che sia uscito in uno dei paesi che meglio sa tenere nascosti i propri scheletri nell'armadio e ignorare tutto ciò che è scomodo.
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