Regia di Amanda Kernell vedi scheda film
Sami Blood (2016): scena
Sami Blood (2016): Lene Cecilia Sparrok
Chi mastica un po' di storia sa benissimo che i nazionalismi che sconquassarono l'Europa tra le due guerre non nacquero dal caso ma furono il frutto di un sentire comune che raggiunse il punto più alto di odio ed intolleranza nella Germania nazifascista. Niente di strano, dunque, che il resto dell'Europa seguisse a ruota il carro tedesco nell'enunciare i principi della supremazia razziale e sovranazionale. Non solo gli alleati germanici ma anche paesi insospettabili, oggi acclamati per le loro politiche sociali e di welfare, come la Svezia, dimostrarono come ideologie estremiste covassero sotto le ceneri. È proprio nel paese scandinavo che si sviluppa la microstoria narrata dalla regista esordiente Amanda Kernell, che trae spunto da fatti accaduti alla propria nonna per portare alla luce la condizione del popolo Sami negli anni trenta. I Sami erano all'epoca del racconto una popolazione nomade dedita all'allevamento di renne che si spostava all'interno di un territorio geografico, ultranazionale, che si espande dalla Norvegia alla Russia, la cosiddetta Lapponia. All'interno di questo territorio del nord, inospitale e severo, i sami erano organizzati secondo propri usi e costumi, e parlavano la propria lingua. I contatti con il resto delle popolazioni locali erano ridotti all'indispensabile ed erano sgraditi ad una società che alimentava il pregiudizio.
In questo contesto vive Elle-Marja, quattordicenne intelligente e studiosa che frequenta la scuola per soli lapponi. Orfana di padre, dovrebbe tramandare le abitudini e il lavoro aiutando la madre e la sorella minore Njenna che studia nella sua stessa scuola. Se Njenna è ancorata alle tradizioni culturali del proprio popolo, Elle-Marja parla svedese, con disappunto della madre, legge libri e vorrebbe appartenere alla società stanziale. Le punizioni corporali profuse a scuola dall'insegnante, che vede comunque in lei del potenziale ma non può e non vuole contraddire il pensiero corrente che i sami non meritino opportunità di studio, e i test "antropologici" a cui viene sottoposta con i compagni di scuola, non riescono ad aprirle gli occhi sul divario sociale che esiste tra cittadini svedesi e popolo nomade, anzi rafforza il desiderio di non appartenenza alla propria etnia. Questa complessa situazione emotiva la porterà ad assumere decisioni dolorose che le condizioneranno l'intera esistenza.
Sami Blood (2016): Maj-Doris Rimpi
Amanda Kernell utilizza un lungo flashback che ricongiunge simbolicamente l'anziana donna, tornata ai luoghi d'origine per ricongiungersi con la sorella, alla giovane ragazzina che quei luoghi aveva abbandonato teatralmente sbattendo la porta dietro di sé. Ed il filo della vita di Elle-Marja si riannoda, questa volta lentamente, ponendo l'accento su quelle domande che la ragazza non osò porsi nel momento dell'addio precipitoso alla propria terra. È giusto, chiede la regista, uno stacco così doloroso e risoluto con la propria famiglia, il proprio popolo, i propri usi per acquietare il desiderio di una vana accettazione? Non è forse giusto percorrere la propria strada e i propri sogni anche se questi impongono scelte egoistiche? È meglio essere vittima che nasconde la propria origine e appartenenza o carnefice che mette a tacere il proprio odio con violenza o malcelata pietà? A queste domande, l'anziana donna, incupita dal rimorso di una decisione irrimediabilmente presa quand'era poco più di una bambina, sembra dar risposta con il finale gesto di riavvicinamento che però non riesce a squoterci di dosso il profondo senso di angoscia che serpeggia per tutto i film di una situazione assurda in cui la protagonista vorrebbe essere ciò che non è, e non riesce ad affrancarsi da ciò che è. Una sensazione di vuoto che Kernell rende molto bene nei gesti della giovane e ingenua protagonista e negli occhi rancorosi dell'anziana. Kernell ci regala attimi di cinema intenso che limano, in parte, qualche passaggio narrativo appena abbozzato. A ricordarci che siamo vicini al baratro delle epurazioni etniche in nome della purezza della razza costella il film di immagini che lasciano i brividi sulla pelle. Così Elle-Marja, con le linee rotonde, il capello bruno e la piccola statura dell'attrice Lene Cecilia Sparrok, costretta con la forza a denudarsi davanti agli attoniti compagni per essere misurata come un animale, ci trasporta con la mente nei lager nazisti, mentre le biondissime e lungagnone compagne di classe di Uppsala, muovendosi con grazia da ballerine durante l'ora di ginnastica ci rammentano le magnifiche quanto pericolose immagini della bellezza ariana tratte da "Olympia" di Leni Riefenstahl. Agghiacciante.
Rassegna "I volti del destino" - Cinema S. Pietro - Montecchio Maggiore (VI)
Sami Blood (2016): Lene Cecilia Sparrok
Sami Blood (2016): Lene Cecilia Sparrok
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