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Quit Staring at My Plate

Regia di Hana Jušic vedi scheda film

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La recensione su Quit Staring at My Plate

di alan smithee
8 stelle

Una famiglia imprigionata entro se stessa tra le strette mura di un bilocale fatiscente: sopravvivere gli uni agli altri, tentare di fuggire senza riuscirvi. Spigoloso, maniacale, si rifugia nel sesso promiscuo per fuggire agli orrori domestici. Notevole.

locandina

Quit Staring at My Plate (2016): locandina

VENEZIA 73 - GIORNATE DEGLI AUTORI

Mal di vivere, prigionia di un legame familiare da cui pare impossibile uscir fuori; il sesso occasionale, appassionato e famelico, utilizzato a scopo di evasione da una realtà di squallore animalesco che non può non turbare. 

Un padre di famiglia dispotico e scontroso è un impiegato statale grezzo e scorbutico che assieme alla figlia infermiera Marijuana manda avanti come può una famiglia allo sbando: figlio obeso e minorato mentale, ma consapevole di ciò e nullafacente; moglie/madre indolente e lavativa, che si disinteressa delle future sorti del marito lasciandolo alle cure della figlia. Un ictus improvviso infatti coglie il capofamiglia lasciandolo in uno stato larvale, costringendo la figlia a sobbarcarsi il mantenimento della parte improduttiva e passiva del nucleo.

Mia Petricevic

Quit Staring at My Plate (2016): Mia Petricevic

Genitrice affamata di soldi, sempre a battere cassa presso la figlia, costretta a trovarsi un lavoro aggiuntivo e a prendersi cura del padre non più  autosufficiente.

Abbruttimenti ed esasperazione, crisi esistenziale e progetto di fuga che spingono la ragazza a concedersi in avventure erotiche selvagge e promiscue, con un fine liberatorio dopo l'oppressione domestica di cui risulta vittima designata e sacrificale.

Echi di cinema contemporaneo greco, alla Lanthimos per intenderci, rendono spiazzante ma anche notevole e riuscito questo ritratto spietato di mostruosita quotidiana che degenera in ricwrca di soddisfazione ed emozione pura e carnale come vana ricerca di salvezza.

Mia Petricevic

Quit Staring at My Plate (2016): Mia Petricevic

Ottimi scorci e riprese, ed una protagonista "diversamente bella" e di una magrezza sofferta che riesce ad essere sexy, che non si dimentica.

E un finale acquatico ove i corpi in disfacimento si affannano per restare a galla. 

"Non guardare nel mio piatto", potrebbe tradursi il titolo, a testimoniare la dipendenza parassita di alcuni familiari, per giunta rancori e irriconoscibile, a scapito degli altri.Un film che meritava il Concorso.

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