Regia di Ivan D. Gaona vedi scheda film
Il dramma thriller colombiano di Ivan Ganoa si distingue per aspetti che faticano a farsi notare nella prima, pedante, metà di film, e riescono ad affiorare invece in una seconda metà concitata. I guilty men sono quelli di una regione colombiana che sta per essere smobilitata delle truppe paramilitari che la occupavano; individui che durante lo scorrere della pellicola si appesantiscono di un carico sempre crescente di rimorso, disfatta e abiezione. Dopo un incipit sanguinoso, che sembra macchiare il film di un peccato originale di lontanissima redenzione, partiamo con la presentazione dei personaggi: Willington, innamorato di Mariana, promessa sposa di René e figlia di Alfonso. Dinamiche quasi da telenovela. Fortunatamente il regista colombiano le stempera in atmosfere crepuscolari che rievocano i poderosi predecessori western, senza mai imitarli o emularli pedissequamente. In assenza di traiettorie visive particolari, lo spettatore può far caso a una vicenda che è afflosciata su scambi di battute a peso presunto crescente di suspense, e che non riesce davvero a coinvolgere. Le dinamiche tra i caratteri sono ovvie, per cui possono poco la rappresentazione insistita della frustrazione di Willington, e l'ambiguo sentimento bipolare di Mariana. In un clima gelido di tensioni emotive, si dipana la linea narrativa fondamentale, quella del rapporto di questi personaggi coi paramilitari. Alfonso uccide uno di loro, e sembra salvarlo solo la loro imminente smobilitiazione, se non fosse che uno dei protagonisti si ritrova a rubare, e la punizione (del destino, soprattutto) sarà ben più che amara, oltre che imprevedibile.
Un film dunque che funziona solo nel rincaro di twist e coups de theatre della seconda parte, in cui l'aspetto inutilmente contemplativo e "atmosferico" è sostituito da ciò che riesce meglio al regista: l'azione. Il montaggio si fa sempre più serrato e accattivante, la violenza riverbera senza sosta, e le musiche sono sempre insinuanti e disturbanti. La corsa nel campo di grano, con l'inseguitore misterioso dotato di casco, è forse una delle poche cose che rimarranno di questo film. Con fare dunque piuttosto farraginoso, il film si porta su un finale che mette a posto tutto, non risolve i problemi tra i personaggi (non aveva bisogno di farlo), e desidera lasciare l'amaro in bocca. Il vero peccato è la mancanza di spessore degli uomini raccontati, di uno spessore che possa prescindere dal semplice carisma. Pur nella loro scrittissima complessità, sono componenti di una scacchiera poco convincente, scricchiolante su più punti, che si aggiusta saltuariamente grazie al lavoro di post-produzione. Perché mascherare con tanta ostinazione un'evidente conformismo formale?
Presentato alle Giornate degli Autori di Venezia 73.
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