Regia di Fiona Tan vedi scheda film
La sinossi è illusoria: "una donna riceve un pacco dal marito defunto". Non accadrà mai. È già accaduto quando inizia il film. Anzi il "photo-film", come minacciano i titoli di testa. Per un attimo penso a una sineddoche, ma ha più del pleonasma. Un film di foto. Un grappolo di acini. Un treno di vagoni. Il rapporto fotogrammi/minuti secondi s'inverte drasticamente: da 24 in 1 a 1 ogni 3. (Un dejà-vu: il soggiorno del vicino, tende tirate, un telo bianco alla parete e migliaia di diapositive delle sue vacanze scarrellate come non ci fosse un domani; per un attimo sento riaffiorare il sorriso ebete delle occasioni.) Maria e Hiroshi sono le voci off, l'una vedova occidentale dell'altro. Le dà la voce Fiona Tan, la regista olandese. Io non riesco a non darle il volto di Emmanuelle Riva e a non rabbrividire ancora pensando a delle nocche grattate sul muro. Il monte Fuji a far da sfondo a due secoli di Giappone fotografato. Fiona/Maria/Emmanuelle conduce il racconto, Hiroshi, dall'oltretomba, vi s'incunea con sprazzi di aneddotica e saggezza nipponica. Leggo dopo da qualche parte che le foto sarebbero quattromilacinquecento. Faccio i conti e non ci siamo: ottanta minuti di film a circa una foto ogni tre secondi fa meno di duemila foto. Boh. Belle belle comunque, tutte. Credo tutte, perchè un paio di microsonni me ne fanno perdere due-trecento. Tramonti, albe, nuvole, eruzioni, soldati, contadini, nobili, ronin, shogun, bambini. Lenisco la mia ignoranza scoprendo che gli americani occupanti nel post seconda mondiale censuravano le immagini del simbolico Fuji: patriottismo da soffocare sul nascere. C'è spazio anche per alcuni fotogrammi di "King Kong contro Godzilla" (del '69, di tal Noriaki Yuasa, voto medio Imdb 3,7). Ciò che mi rimane più addosso è però una frase: "se la fotografia è ghiaccio, il cinema è vapore." Proprio quello che non ti aspetti di sentire in un photo-film.
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