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Barriere

Regia di Denzel Washington vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Barriere

di ethan
5 stelle

Troy Maxson (Denzel Washington), un individuo pieno di sé e logorroico, lavora in una ditta della nettezza urbana nella Pittsburgh degli anni '50 e vive con la moglie Rose (Viola Davis), il figlio maggiore, avuto da un'altra donna, Lyons (Russell Hornsby) e quello minore, Cory (Jovan Adepo), ma deve anche prendersi cura del fratello subnormale Gabe (Mykelti Williamson). Troy cova in sé il proprio rammarico per la mancata carriera nel baseball, dovuta, a detta di lui, dalla segregazione razziale subìta per il fatto di essere una persona di colore, custodisce un segreto, che verrà improvvisamente a galla con conseguenze tragiche e tiene sotto scacco, con la sua prepotenza e la sua logorrea, tutti i componenti della propria famiglia.

'Barriere' è tratto dalla pièce dello scomparso August Wilson,  co-sceneggiato da lui in coppia con Tony Kushner e risente tremendamente della sua origine letteraria, dato che il volitivo Denzel, assumendo il comando delle operazioni mettendosi in cabina di regia, in primo luogo costruisce un dramma a forti tinte all-black, su temi come l'affermazione personale in un'America, quella dei 'favolosi' anni '50, ancora sotto il giogo di un razzismo che, mettendo delle barriere (fences in originale) ai cittadini afroamericani, nega loro tutti i posti migliori o privilegiati; essi vengono apostrofati come negroes o niggers anche, con una punta di beffardo masochismo, da Troy stesso, lo scoppio di rancori insanabili tra i famigliari, la strenua difesa della proprietà, conquistata con il sangue e il sudore del duro lavoro fatto per le strade, ed in secondo luogo fagocita tutto il film, piegandolo al suo istrionico stile di recitazione, che dà l'impressione di essere al punto di trasbordare verso un irritante over-acting in più di un episodio.

Da questi presupposti ne nasce un film dalle interminabili scene dialogate, dove la tensione impressa dalla concitatezza dei dialoghi è buona ma senza alcun controllo a livello di durata, racchiuso - ad eccezione della notevole sequenza iniziale, con Troy e il collega ed amico Bono (Stephen Henderson) in giro per lavoro per le strade della città - in due ambienti, il cortile e la casa di Troy, che non sfrutta le grosse potenzialità che il testo teatrale contiene.

Washington ha puntato molto su questa sua terza regia e l'Academy ha premiato il suo film con quattro candidature importanti (al film, all'attore protagonista, alla non protagonista e postuma, alla sceneggiatura non originale) ma, alla fine, solo Viola Davis - davvero grande prova la sua, giocata più su una vasta gamma di espressioni e sul contenimento di rabbia e dolori personali, al contrario della caricata performance del collega - si è portata a casa la statuetta, con grande sconforto dell'attore-regista per la mancata vittoria nella sua categoria di appartenenza, battuto dal Casey Affleck di 'Manchester by the Sea', da cui traspariva in maniera lampante tutta la sua delusione, con un'espressione sul viso e un linguaggio del corpo che parlavano da soli, ma il film, pur con intenti lodevoli, complessivamente soffre di evidenti scompensi narrativi e per questo appare sfilacciato e poco omogeneo.

Voto: 6- (v.o.s.).

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