Regia di Ulrich Seidl vedi scheda film
Dopo Paradise: Love, in cui l’Africa era il luogo in cui le signore europee potevano realizzare i sogni sensuali non più fattibili in madrepatria, Ulrich Seidl torna nel continente nero per seguire i cacciatori o sedicenti tali che si divertono a sparare ad animali inermi, per aggiungere, così, un altro tassello al ritratto di un umanità crudele, meschina e senza speranza. La storia si ripete più volte, sempre uguale, il colpo parte, l’animale cade, ed ecco l’immancabile foto di fianco alla preda, i complimenti e gli abbracci tra i vari partecipanti (tra cui non mancano ahimè anche donne) per l’operazione svolta alla perfezione. Se le immagini di questo gioco lugubre, fine a se stesso, appaiono davvero raccapriccianti (e di sicuro non alla portata di tutti gli spettatori) non meno orribili le sequenze in cui gli autoctoni di colore, utilizzati anche per la caccia, freddi come robot, squartano le carcasse estrapolando gli organi interni, per farne dei trofei che finalmente potranno essere appesi alle pareti. Un modo per indagare la morte, forse, parrebbe di capire dalle parole di un giovane cacciatore riportate alla fine, mentre un altro ammette candidamente e paradossalmente che il mondo avrebbe solo da guadagnare se l’umanità scomparisse del tutto.
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