Regia di Andrzej Wajda vedi scheda film
“Eccola, l'estrema irrefutabile ironia della sua vita” : che gli avessero permesso di sopravvivere, uccidendolo.
“Un’anima può essere distrutta in uno dei seguenti tre modi: attraverso ciò che ti fanno gli altri, attraverso ciò che gli altri ti costringono a fare a te stesso, attraverso ciò che tu stesso decidi di farti. Uno solo di questi tre metodi è sufficiente; certo, in presenza di tutti e tre, il risultato è impareggiabile.”
Julian Barnes - "the Noise of Time" - 2016 [trad. ital. (il Rumore del Tempo) di S.Basso, Einaudi] : occorre qui subito specificare e precisare che le figure di Shostakovich (protagonista del volume di Barnes) e Strzeminski sono state antitetiche e dicotomiche fra loro per come si rapportarono a - e reagirono nei confronti de - i rispettivi, differenti regimi totalitari (oltre che, in seconda istanza - insignificante da questo PdV -, per la diversità di caratura e valore contestualizzata all'interno dei loro relativi campi artistici).
AfterImage, Powidoki, Immagine Residua: impressa inversa e rovesciata e poi rigirata e raddrizzata, immagine latente, opposta, speculare, persistente, immagine doppelganger, precipitato, traccia, condensato, ricordo, interpretazione, costrutto: storna lo sguardo e la vedi...
Oida (il Cinema, tra Fenomeno Phi ed Effetto Kulešov). Una rosa rossa è una macchia rossa è una macchia è una macchia blu è una rosa blu.
Andrzej Wajda {Suwalki, 1926 [Voivodato della Podlachia, pseudopodo dell'Unione/Confederazione polacco(regno)-lituana(granducato)] --[Fronte, Armia Krajowa (A.K.: Movimento di Resistenza della Polonia Occupata dalla Germania nazista), WW2 - Cracovia, Accademia di Belle Arti - Lódz, Scuola Nazionale di Cinematografia (oltre/assieme allo stesso Wajda: Andrzej Munk, Krzysztof Kieslowski, Roman Polanski, Jerzy Skolimowski, Krzysztof Zanussi, Lech Majewski, Zbigniew Rybczynski..., e direttori della fotografia quali Slawomir Idziak e lo stesso Pawel Edelman...)]-- Varsavia, 2016} : Kanal, Cenere e Diamanti, Lotna, Lady Macbeth Siberiana, Ceneri sulla Grande Armata, Tutto in Vendita, il Bosco di Betulle, Paesaggio dopo la Battaglia, le Nozze, la Terra della Grande Promessa, la Linea d'Ombra, l'Uomo di Marmo, l'Uomo di Ferro, Danton, Dottor Korczak, Katyn, Tatarak, Walesa.
Wladyslaw Strzeminski {Minsk, 1893 [Impero Russo (Bielorussia), ovvero: l'Eterna Spartizione della Polonia] --(studi a San Pietroburgo e Mosca, crescita artistica a Vitebsk e Smolensk)-- Lódz, 1952 (Polonia)} : pittore avanguardista (Tadeusz Kantor...), astrattista (A.R. - artisti rivoluzionari, Kandinski, Chagall, Malevich, "Artisti falliti, rinnegati e traditori!") e costruttivista mono/poli-cromatico, invalido mutilato di guerra (si, ma quell'altra...: WW1) trasversalmente semi-bilaterale, ingegnere, insegnante, rivoluzionario, teorico, saggista e curatore museale.
«L’immagine deve rappresentare ciò che assorbi ora da una cosa, ora da un’altra… Quando guardiamo un oggetto, è il suo riflesso che colpisce il nostro occhio. Nel momento in cui cessiamo di fissarlo e muoviamo il nostro sguardo altrove, una sua immagine riflessa resta impressa nel nostro sguardo: la traccia dell’oggetto con la sua stessa forma ma di colore opposto - un’immagine residua, appunto. Le immagini residue sono i colori che dall’interno dell’occhio guardano un oggetto, perché noi vediamo veramente solo ciò di cui ci accorgiamo» : discutibile, argomenatabile, implementabile, applicabile, evolvibile, ma non, e mai, censurabile.
(Girate lo schermo o inclinate il capo se pensate non sia il verso giusto.)
Il testamento (che lo volesse o meno, che ne fosse consapevole oppure no) di Andrzej Wajda riporta il regista polacco a Lódz, creando paradossalmente un ossimoro e un cortocircuito metartistico: se gli astrattisti abbandonarono e rifiutavano qualsivoglia gradazione seppur minima di rappresentazione mimetica del mondo esterno, fisico e reale, gettandosi a capofitto sull'estrapolazione della forma e del colore dal contesto, e da questo stilizzandone il segno/significante ed annullandone il senso se non il significato e viceversa, e riflettendo nello specifico sulla (im)pura percezione visiva attraverso una semplificazione e una scomposizione della sintassi scarnificando la sostanza dell'umana-e/o-non condizione ambientale, facendo dell'ambito un abito senza corpo e scopo, irrazionale, (dis)ordinato e (a)simbolico, e rigettando il contenuto principe di una creazione, ovverossia la Storia e lo Scopo, qui Wajda mette in scena l'esatt'opposto del muliebre e codificato canone pittorico che racconta nella persona di Wladyslaw Strzeminski: il suo è un film rosselliniano (Germania Anno Zero, Europa '51, Dov'è la Libertà...?, Era Notte a Roma) : il suo approccio è piano (non è quello di H.-J. Clouzot, V.Erice, Kurosawa, A., P.Watkins, J.Eustache, A.Resnais, P.Greenaway, A.Tarkovskij, J.Renoir, A.Warhol, D.Jarman, Kitano,T., J.Rivette, G.Deutsch, B.Dumont, A.Sokurov, D.Huillet e J.-M. Straub, M. De Oliveira, W.Herzog, Teshigahara, H., F.Wiseman, L.Majewski, e per fortuna non è M.Forman, C.Hampton o J.Ivory, o, per tutt'altri motivi ed aspetti, Korda-Minnelli/Cukor-Reed-Becker/Ophuls-Powell, o ancora J.Schnabel, R.Harris, T.Davis, M.Leigh, J.Taymor, R.Ruiz, J.Maybury, M.Provost), si, ma Profondo (R.Altman, M.Pialat, B.Tavernier, Mizoguchi, K., Im Kwon-taek).
Un'ora e mezza (non un serial o un kolossal) per raccontare una storia nella Storia.
In vece dell'ellissi, degli scarti e dei coacervi di montaggio, delle assonanze ridondanti, il film, lineare e compartimentato, si fonda sulla connettività umana: se i rapporti di studio e le relazioni d'amicizia del professore e co-fondatore della scuola con gli studenti (tra i quali spiccano la studentessa innamorata e lo studente espulso), con gli amici rimastigli confermatisi tali e con gli organi del partito (come se non bastasse l'arte asservita alla politica e il fatto che i recensori sian già di per loro delle brutte bestie, ecco che se poi la Bestia si chiama Stalin e apre un suo blog personale allora tutto è perduto e irrimediabile...) sono un poco stereotipati pur riuscendo a restituire sincero sgomento in alcuni passaggi di urticante bellezza ed ulcerante timor panico, spicca per vividezza e potenza la messa in scena dell'interconnessione con la figlia, d'inusuale cesellatura e sapiente costruzione scevra d'ogni superflua banalità e a tratti disturbante, commovente, di memorabile sottratta intensità emotiva.
Che il film si chiuda su di lei -- a seppellire il padre (cadavere assente e già prelevato, predisposto e preparato, mentre Stalin lo seguirà qualche mese dopo) consumato dalla TBC / sepsi tisica / tubercolosi polmonare poco più di un anno dopo aver presenziato in cappotto rosso d'ordinanza (scena indimenticabile) a quello della madre [non prima d'aver sollevato il lenzuolo e riconosciuto il di lei cadavere reso tale dal cancro: Katarzyna Kobro (1898-1951), scultrice, che a Riga sposò Strzeminski lasciata la Russia sulla strada per Parigi fermandosi in Polonia, paese attualmente - tempo (extra?)diegetico - consunto e consumato da tumori (propalati per mezzo di timori) "ideologici"] -- non è una speranza, quanto piuttosto un dovere.
Per quanto riguarda il futuro, verrà, ed è stato già scritto -["Non avrà una vita facile", osserva pleonasticamente il padre, mentre Nika, che da adulta diventerà psichiatra (medico di bordo), racconterà anni dopo: «Ciò che ho visto nella mia famiglia ha influenzato il resto della mia vita, il mio rapporto con la società, con gli uomini. Temevo che in futuro il mio matrimonio si sarebbe trasformato in qualcosa di simile a quello dei miei genitori, dove non ci fu mai tenerezza, calore, o amore.» - "Arte, Amore e Odio - Katarzyna Kobro, Wladislaw Strzeminski e l'Avanguardia Polacca", di Nika Strzeminska (cura di Alina Kalczynska, traduzione di Pietro Marchesani), ed. Libri (Vanni) Scheiwiller / All'Insegna del Pesce d'Oro, Milano, 1995]- : Lech Walesa e Solidarnosc, l'apologia di reato comunista e la destra ultranazionalista e conservatrice.
Boguslaw Linda (W.Strzeminski) è un perentorio, massiccio, inesorabile rullo compressore.
Bronislawa Zamachowska (Nika Strzeminska), praticamente all'esordio: altrettanto (impressionante).
Fotografia limpida, plumbea, nitida, desaturata e viva di Pawel Edelman [molto Jerzy Stuhr, quasi tutti gli ultimi Wajda e tutto (6 film, da “the Pianist”) l'ultimo Polanski, oltre a qualche rigonfio neo-classico hollywoodiano come “Ray” di T.Hackford e “All the King's Men” di S.Zaillian].
Il mazzo di fiori bianchi tinti di blu cade sulla tomba innevata e le corolle vanno fuori fuoco: la loro distanza dalla macchina da presa, che resta fissa, ferma e immobile durante la caduta, non cambia: il bouquet compie un movimento in verticale che non muta la sua posizione rispetto all'obbiettivo, ma il loro colore ugualmente si sfoca.
Mutuando ancora da Julian Barnes su Dmitrij Shostakovich, e parafrasandolo: “Eccola, l'estrema irrefutabile ironia della sua vita: che lo avessero ucciso, permettendogli di vivere”: che gli avessero permesso di sopravvivere, uccidendolo.
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