Regia di Andrzej Wajda vedi scheda film
L'opera anticipatrice del grande artista visivo Strzeminski vive di entusiasmi dei molti discepoli che ne hanno accolto rapiti l'opera, ma pure dei travagli subiti dal partito al potere che egli non approva né riconosce. L'ultimo Wayda convince solo come tematica, sopraffatto da una messa in scena bolsa che ne soffoca l'impeto e le buone intenzioni
FESTA DEL CINEMA DI ROMA 2016 - SELEZIONE UFFICIALE
Nella Polonia della fine del secondo conflitto mondiale, il pittore avanguardista Wladyslaw Strzeminski - che porta sul proprio corpo i segni martorianti delle ferite di guerra, che pur mutilandolo, non gli hanno fatto passare la tenacia di coltivare la sua arte - ha al suo seguito un gran numero di studenti e discepoli che lo venerano e ne custodiscono l'idea d'arte come concetto quasi mentale, portavoci di quella che viene definita come la "teoria della visione", ossia di quell'immagine che resta impressa nella retina non appena si distoglie lo sguardo da un'opera dai particolari connotati visivi.
Nello stesso tempo lo Strzeminski uomo e cittadino appare sempre più preoccupato per la svolta univoca ed obblugata che il suo paese sta prendendo a causa delle unificazioni di tutte le correnti dei partiti di sinistra, verso un unica corrente socialista di influsso sovietico e staliniano.
Diventa pertanto un oppositore del sistema, sostenuto dal calore incondizionato ed entusiasta dei suoi studenti e seguaci da una parte, e sottoposto ad una vera e propria persecuzione da parte delle forze del partito salito al potere, che finisce per metterne al bando tutta l'opera fino al 1956.
Opera postima del grandissimo regista polacco Wayda, morto solo pochi giorni prima che la sua ultima fatica venisse presentata ufficialmente alla Festa del cinema di Roma nell'ottobre 2016, essa corona un desiderio coltivato da lungo tempo dell'anziano regista di portare sullo schermo la sua travagliata storia, o almeno parte di essa, divisa tra l'ammirazione per la sua arte astratta dalle potenzialità quasi ipnotiche, e dall'altro la sua tenace lotta contro il regime che finì per isolarlo limitandone in ogni modo le potenzialità espressive.
Purtroppo, spiace ammetterlo, il film, lodevole nelle intenzioni, risulta soffocato da uno svolgimento un pò pedante e da una sceneggiatura un pò bolsa che lo accomuna a certe un pò monocordi produzioni televisive a cui manca proprio la verve e l'anima infuocata che hanno animato tanto cinema militante di questo straordinario autore.
Un bello scorcio iniziale della vallata divenuta lo "studio all'aperto del maestro", o qualche scena madre con intenti esplicativi e intenti indignatori nei confronti di un pubblico che non può che assecondare il coraggio fuori dal comune di una persona afflitta e menomata nel fisico, ma solida e forte moralmente, no nriescono a dare vita e a emozionare se non in superficie.
Pertanto di questa ultima opera del grande maestro, ne apprezziamo purtroppo solo le nobili intenzioni divulgative e conoscitive in favore di un personaggio che merita un posto di spicco nella storia travagliata di una Polonia sempre troppo al centro di interessi e contrasti tra potenze, per poter farsi valere come stato indipendente e in grado di espreimersi con le proprie forze ed il proprio carattere.
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