Regia di Tonino Ricci vedi scheda film
Produzione italo-spagnola conosciuta anche come "Robin, frecce, fagioli e karate" che, insieme al titolo originale, fa ben capire a che razza di miscuglio di generi lo spettatore va incontro.
Un minestrone che piace solo a Sergio Ciani che scrive, sceneggia (insieme a Jaime Comas, Victor Andrés Catena, al regista) e, con il suo abituale pseudonimo di Alan Steel, soprattutto interpreta questa caotica buffonata medievale. Tutto contento, in calzamaglia e giacca verde, col sorriso sempre presente stampato dietro ad un assurdo pizzetto biondo dorato, interpreta un Robin Hood invincibile come Ercole, Maciste o Sansone, i suoi personaggi dell'epoca d'oro dei peplum. Ma gli anni d'oro sono finiti da un pezzo e questa è solo una pellicola piatta e prevedibile, fin commovente nel suo vano tentativo di amalgamare scazzottate (peraltro con coreografie assai scadenti), karate (con un tarantolato Iwao Yoshioka) in un contesto storico volutamente distorto e demenziale.
Una perla, però, questo film ce l'ha regalata: la foresta di Sherwood più secca e disboscata che il cinema ricordi! Tra lecci e querce da sughero, tipici della Spagna meridionale, Hood e la sua allegra brigata, ad ogni spostamento, alzano una serie di giganteschi polveroni impossibili da non notare a chilometri di distanza. Come se non bastasse, il Barone (Eduardo Fajardo) abita nel Castello di Belmonte, sempre in Spagna, dove gli unici inglesi, da quelle parti, li hanno visti solo come turisti.
Ruolo di contorno per una giovanissima Victoria Abril (Victoria Mérida Rojas).
Musiche piuttosto deludenti di Franco Bixio, Fabio Frizzi e Vince Tempera (Vincenzo Tempera), così come la canzone che apre e chiude la pellicola, cantata dai Deram Bags, che ha l'unico pregio di essere piuttosto orecchiabile.
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