Regia di Ralitza Petrova vedi scheda film
34 tff - TORINOFILMLAB - PARDO D'ORO AL FESTIVAL DI LOCARNO 2016 - ARTEKINO FESTIVAL BY MYMOVIES
Una piccola città bulgara sperduta in una landa desolata ove il gelo meteorologico va di pari passo con quello dei sentimenti dei personaggi che incontriamo, una apatica infermiera che, assieme ad un'altra decina di colleghi, assiste alcuni anziani malati o afflitti da demenza senile, è da tempo in combutta con una banda di trafficanti di documenti.
La donna infatti se li procura dagli anziani, che poi induce a procedere a dichiararne un duplicato, e rivende gli originali per i loschi traffici della banda.
Intanto i pazienti muoiono di morte naturale, seguendo i ritmi di un corso di vita che la donna rispetta e che non scalfiscono minimamente la sua vita, peraltro piatta ed apatica come il suo carattere.
verrà tuttavia il giorno del cambiamento, il momento in cui un paziente riuscirà a risultare finalmente un essere umano e non un oggetto da pulire e spostare come gli altri.
Comincerà pertanto una presa di coscienza da parte della donna, che da una parte costituirà un percorso doloroso e sincero per tentare il riscatto, e dall'altra esporrà la medesima ad un pericolo concreto, sottraendosi improvvisamente da un binario nel quale era finita con naturalezza, per ottenere soldi facili che nemmeno pareva potessero renderla felice o darle emozioni e senza nemmeno rendersi veramente conto della scelleratezza del proprio agire.
Spiazzante, dura e senza concessioni verso svolte narrative semplici e benevole verso il pubblico, Godless è un'opera prima durissima e fredda, perfetta a rappresentare un gelo che affiora già dallo sguardo impassibile e quasi senza vita di una protagonista quasi catatonica, che senza emozione alcuna si diagnostica con la medesima patia di sempre la propria incapacità di provare alcun tipo di sentimento.
Attorno ad una atmosfera grigia che ben si abbina ad un paesaggio urbano deprimente fatto di ammassi cubici di cemento scrostato, sotto cieli perennemente blumbei e in mezzo a vallate semisepolte da ammassi grigi e sporchi di neve e ghiaccio duri come una scorza che sembra irremovibile.
Nella devastante scena iniziale, un cane di un uomo mandato a morire in una grotta naturale per punizione contro uno sgarro arrecato ai danni della banda con cui opera la protagonista, il cane della vittima, convinto che il padrone si trovi in macchina, improvvisa una corsa disperata all'inseguimento dell'auto spedita verso una strada ai margini del bosco.
A significare che anche le bestie sono mosse da sentimenti genuini ed irrefrenabili, disinteressati e immediati: l'umanità, o almeno quella di questo film, ha invece perso ogni possibilità di avvertire anche una minima scossa di calore od impeto che possa somigliare ad una passione, ad una forma di affettività o anche di semplice condiscendenza.
L'esordio di Ralitza Petrova non è esente da qualche inciampo narrativo che rende il film puntellato di incognite alle quali è difficile dare risposte, ma è una pellicola esemplare e lucida nella sua cupezza senza soluzione, un buio che allarma ed impietrisce le coscienze per la capacità di comunicare con contagioso senso di angoscia, il vuoto dell'anima che spesso, o almeno talvolta nei nostri gesti o mansioni abituali, può renderci apatici automi, gelidi come macchine, incapaci di arricchire il nostro agire quotidiano di qualche imprevedibile impeto che lo avvalori di tutto ciò che non è mero dovere, ma piuttosto deliberato e disinteressato desiderio di rendersi utili e partecipi a problematiche vissute da chi ci sta vicino.
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