Regia di Sam Peckinpah vedi scheda film
Un ricercatore matematico americano, dopo essersi allontanato dal college per via del chaos fomentato dalle rivolte pacifiste, prosegue i suoi studi in una campagna britannica, popolata da rozzi e pericolosi gradassi di periferia. In seguito alle violenze che questi eserciteranno sulla coniuge, deciderà di vendicarsi da solo... Il soggetto di “Straw Dogs” era basato sul libro di Gordon Williams “The Siege of Trencher’s Farm” ed a Sam Peckinpah è stato chiesto di modificarne il titolo, poiché era troppo simile a quello di un western, il genere preponderante dei lavori dell'autore. Il noto direttore artistico, ispirato dal componimento del filosofo cinese Lao Tzu “The Book of 5,000 Characters”, venne attratto particolarmente da un passaggio che rappresentava dei "cani di paglia" tra cielo e terra, i cui ideali erano divisi da un’ambiguità mefitica. Vi sono state parecchie controversie su questa pellicola; alcuni la interpretarono come una celebrazione gratuita della natura feroce ed ancestrale della gente comune (come appurò Ebert nella review), mentre taluni, addirittura, la incolparono di becero maschilismo. L'approccio di Peckinpah, in verità, si focalizza sulla precarietà incontrollabile delle implicazioni morali relative al personaggio di Dustin Hoffman, costretto al regolamento di conti, benché afflitto dalle sue convinzioni “religiose”, le quali insegnano a non uccidere e ad “assolvere”. L'opera, pertanto, rimarca in modo significativo le peculiarità, le imperfezioni e l'indeterminatezza dell'etica umana, in uno spettacolo macabro dove il cinema e l’indagine socio-antropologica convergono in uno sfondo materialmente tangibile, incline a stimolare la meditazione. La sanguinosa e scioccante battaglia conclusiva diventerà teatro di un'agghiacciante realtà: l'individuo è ancora sostanzialmente un essere brutale e primitivo, e fa parte di una collettività arcaica, manovrata dalle "leggi della tribù"... La portata narrativa del lungometraggio è avvalorata dalla qualità delle interpretazioni di Hoffman (David Sumner), Susan George (Amy) e Del Henney (Charlie); Dustin in particolare è stato pervicace nell'assumere in modo graduale e credibile un cambiamento drastico, mantenendo la tensione palpabile. Il suo personaggio incute nervosismo; una sagoma inizialmente antibellica, quasi codarda, che alla fine scatta sotto la pressione di tutti gli insulti, le provocazioni e gli abusi che ha ricevuto dai suoi antagonisti. Questo quadro rispecchia la tipica ideologia da “macho”, intrisa di mitologia occidentale. Il propellente del mutamento non riguarda nemmeno le vessazioni della moglie, ma sembra un'affermazione della propria virilità. “Cane di paglia” crea un senso di suspense e terrore crescente e attanagliante.
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