Eugenio ha 10 anni, ed è maturato prima del tempo a causa dell'immaturità degli adulti che lo circondano: i genitori, sessantottini di fatto irresponsabili ed inetti, con un padre di famiglia borghese viziato e irrisolto, ed una madre femminista che non riesce a vivere col consorte e si lancia in avventure di vita tutte più o meno fallimentari.
Sballottato come un pacco difficile da gestire, di fatto non ignorato, ma nemmeno agognato da due genitori insensibili, freddi, e decisamente immaturi, il giovane ma tenace Eugenio decide di togliere il disturbo, approfittando del fatto che, di ritorno da un soggiorno in Spagna con la sciroccata, bellissima madre (Dalila Di Lazzaro), il padre (Saverio Marconi), impegnato nei suoi lavori saltuari, incarica un suo amico giornalista di satira di sinistra, Baffo (Memè Perlini) di andare a prenderlo in aeroporto.
La fuga del ragazzo presso una campagna schietta e brulicante di vita, segnerà il passo di Eugenio verso una vita adulta precoce, che il piccolo uomo rincorrerà senza mai voltarsi, come invece gli domandano insistentemente gli stolti adulti che gli stanno dietro.
Da quella fuga, in grado di metterei in agitazione un po' tutti - in particolare gli assennati (gli unici ad esserlo) nonni materni (tra cui Bernard Blier), si giocano le sorti del film, con cui Luigi Comencini dimostra ancora una volta di saper addentrarsi con finezza ed intensità d'introspezione, nel mondo adolescente, fornendoci un ritratto puntuale e credibile di bambino troppo cresciuto a causa delle aride circostanze e della immaturità che lo circonda.
Nel ruolo di Eugenio, il giovane Francesco Bonelli, nipote del regista e ancor oggi attivo tra televisione e cinema come sceneggiatore ed interprete, risulta davvero molto bravo e convincente.
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