Regia di Ernst Lubitsch vedi scheda film
Comincia con l’incontro casuale fra un esule politico e la nipote di un idraulico, nella casa di un gentiluomo londinese che rischia di dover mandare a monte un cocktail party a causa di un lavandino otturato; poi ci si sposta in una dimora signorile di campagna, dove l’esule ha trovato ospitalità e la ragazza è stata mandata a fare la cameriera: siamo alla vigilia della guerra, ma se non ce lo dicessero i personaggi non ce ne accorgeremmo nemmeno. Il bello di questa commedia è la sua deliziosa indolenza: sembra che non abbia voglia di cominciare, e una volta partita non è chiaro quale direzione prenderà. La trama è meno lineare di quanto farebbe pensare un riassunto: c’è un accumulo di equivoci, un calibratissimo gioco di entrate e uscite, alcune scene veramente spassose. Soprattutto c’è uno sguardo disincantato e amabilmente scettico nei confronti di tutto e tutti: rivoluzionari da salotto, profughi scrocconi, aristocratici fuori dal tempo, maggiordomi più conservatori dei loro padroni, uomini adulti malati di mammismo; alla fine c’è anche uno squarcio ironico sull’America, terra delle opportunità. Certo, a guardare per il sottile, la parte centrale mostra qualche segno di sfaldamento e Jennifer Jones non è all’altezza della Greta Garbo di Ninotchka o della Carole Lombard di Vogliamo vivere; ma con l’ultimo film interamente diretto da Lubitsch si può ben essere un po’ indulgenti.
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