Regia di Taika Waititi vedi scheda film
Nella terza puntata delle avventure del Dio del tuono la cosa più evidente è il dazio pagato dalla Marvel per uniformarsi alle mode del momento. Se il genere blockbuster per rientrare nei costi e produrre ricavi ha bisogno di esprimersi con formule riconoscibili in ogni dove, va da sè che anche il mitico Thor debba spogliarsi delle proprie abitudini per abbracciarne delle nuove. Certo è che “Thor: Ragnarok” la fa davvero grossa perché oltre a a disfare il principe asgardiano degli strumenti del suo mestiere, privandolo del Mjolnir e obbligandolo alla lotta a corpo libero neanche fosse un eroe marziale dei Wuxia Pan (genere tra i più imitati dai film d’azione americani), riesce nel risultato di rinnegare le origini della saga, partita con la regia di Kenneth Branagh all’insegna della tragedia shakespeariana e conclusasi almeno per ora con quella tutta frizzi e lazzi del neofita Taika David Waititi. Un cambio di rotta che, se da una parte fornisce alla casa delle idee la chiave di volta per rafforzare la sua presenza nei mercati che più contano a livello commerciale (per esempio quelli del lontano oriente) oltreché assicurare la fedeltà dei teen agers contemporanei imbevuti di cultura manga, dall’altra provoca sinceramente qualche sconquasso emotivo agli appassionati della prima ora che mai avrebbero creduto di vedere Thor combattere il nemico imbracciando mitra e fucile e reagendo come se si trovasse in mezzo alla sparatoria dell’O.K. Corral. Finche gli incassi continueranno a dare ragione alle scelte di Lee e company (Thor: Ragnarok ha incassato oltre 700 milioni di dollari) continueremo a vederne delle belle.
(icinemaniaci.blogspot.com)
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