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Thor: Ragnarok

Regia di Taika Waititi vedi scheda film

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M Valdemar

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La recensione su Thor: Ragnarok

di M Valdemar
6 stelle

 

locandina

Thor: Ragnarok (2017): locandina

 

 


Ah-ah, ah! Ah-ah, ah!
Vince facile, l'ultimo Thor.
Incipit (incendiario) e scena clou tuonate dagli dei del rock [«Thor: Ragnarok brought me here» … gente sul tubo che confessa orgogliosa la propria ignoranza : bruciateli vivi e fate scempio dei loro putridi cadaveri ]. E grazie al martello magico.
Ma il film è puro pop. Pure troppo.
Pop e post-pop.
Post-Marvel, sopra ogni cosa.
Riposta ogni – ipocrita, esigua, puerile – pretesa “epico-supereroistica”, dall'enorme, lardoso corpo disney-marveliano sgorgano grassi succhi comici, in una sarabanda irrefrenabile e ossessivo-compulsiva di sketch, siparietti, cazzonaggine diffusa e profusa senza soluzione di continuità.
La scelta migliore, oggi. E dopo cotanta accozzaglia filmico-mediatica impegnata, per così dire, a darsi toni “adulti” e pretendere/spargere solennità.
Il gioco è reiterato e immediato: Thor affronta un supermegacattivo – il demoniaco Surtur – e, con la ricercata nonchalance del battutaro di professione, parte il primo numero brillante. Divertente, invero.
Che sia voluta, consapevole, inseguita cifra stilistica lo mostra ampiamente la (spassosa) sequenza successiva: il biondo protagonista accorre dal padre (ovvero colui che crede tale ma in realtà sappiamo essere Loki en travesti) al fine di chiedere aiuto per l'ennesima minaccia di distruzione e gli tocca invece assistere a una ricostruzione scenico-teatrale degli eventi del primo capitolo, con il fratellastro sugli scudi e un'aura drammatica enfatizzata fino al ridicolo.
L'autoparodia con accelerante “meta”, che bello. Tanto per mettere le cose in chiaro.
Quello che segue è giusto un pretesto per il teatrino.
Narrazione sottomessa (Thor risucchiato s'un pianeta remoto che funge da discarica universale comandato da un tizio dispotico e fuori come una terrazza abusiva, eccetera ecchisene), messe di comprimari scelti per aumentare il grado di cazzeggio, lezione de I guardiani della galassia carpita-rigurgitata-concentrata (il rimando è talmente ovvio che lo capirebbe pure uno che non ha mai visto nessuno dei due film di Gunn), simpatica estetica pop-lisergica-ipercromatica, partecipazioni di “lusso” (Mark Ruffalo, Jeff Goldblum, Cate Blanchett), colonna sonora electro “catchy”, di alleggerimento e acchiappo: formula easy, esecuzione agevole e diretta.

Jeff Goldblum

Thor: Ragnarok (2017): Jeff Goldblum

Chris Hemsworth, Mark Ruffalo

Thor: Ragnarok (2017): Chris Hemsworth, Mark Ruffalo

Jeff Goldblum

Thor: Ragnarok (2017): Jeff Goldblum


Non esiste una scena che sia una, nominalmente “seria”/”drammatica”, che non sia, puntualmente, smorzata e sovrastata dalla – subordinata alla – carica comica: gag come piovesse (merda cosmica), battuta pronta e assortita (da quella facile a quella triviale a quella surreale), spiritosoni ovunque e comunque (Korg evoca Groot, tra gli altri, mentre Goldblum tratteggia egregiamente un figuro colorato che fa del nonsense e della sua gaiezza un'arma di distruzione umoristica di massa), atmosfera sollazzevole, leggerezza sempre in agguato a coprire ogni angolo di possibile pesantezza.
Come commedia comica, perlopiù funziona.
Momenti esilaranti e disinnesco continuo della gravitas – a cominciare da un Chris Hemsworth più che adatto e bendisposto – che trascinano storia, continuity e componente action altrimenti affannose e moleste.
A tratti, spesso, si esagera – vedi l'Hulk ciarliero e arguto battutaro, prossimo alla macchietta; Loki sempre più balorda spalla –, ma sono i rischi della “mission”: d'altronde, come discettare, ancora, di catastrofi annunciate (la profezia del Ragnarok ... paura, eh?!), di villain pescati a fagiuolo da passati sepolti (un'altra tragedia familiare …) incazzati col mondo e coi mondi (pure se si tratta della splendida Cate Blanchett), di risvolti e conseguenze universali, di rapporti problematici (padre-figli-sorelle-morose-amici-amiche-valchirie-cani da passeggio), di poteri e combattimenti sempre più "oltre", di popoli minacciati dall'estinzione definitiva (e prontamente stipati dentro una navicella: ma quanti so' gli abitanti di Asgard, milleduecentocinque??!) …
Camei (il dr. Strange di Benedict Cumberbatch che ridicolizza – in ogni senso – Loki; Stan Lee provetto Edward Scissorhands; Matt Damon in una sorprendente impersonificazione proprio di Loki) e scene sui e dopo i titoli di coda (trascurabili), come da copione.
Disinteresse per gli accadimenti e quello che verrà nel MCU, idem.
Quello che conta alla fine – in questo riuscito primo esperimento di installazione post-Marveliana – è il casino.
E i Led Zeppelin in colonna sonora.


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