Regia di Taika Waititi vedi scheda film
Ragnarok nella mitologia nordica a cui è legato il celebre supereroe Marvel di Thor, sta a significare lo scontro finale, quelli da cui dipendono le sorti del regno (di Asgard, in questo caso).
E iniziamo l'avventura con il nostro biondone vichingo (un Chris Hemsworth in gran forma quanto a bicipiti e pettorali, ma con barba incolta e nuovo taglio e colore che lo allontanano dalle sembianze originarie dell'eroe dei fumetti) già nel pieno delle sue difficoltà, impegnato a recuperare una sorta di corona dai poteri incontrollabili, che cinge il capo di un focoso (nel vero senso del termine) nemico in grado di compromettere la sorte del regno di Odino.
Poi sventato questo primo ostacolo, l'eroe viene catapultato, al pari di una pallina da flipper, nel regno giocattoloso e plastificato retto da un despota capriccioso e volubile che tradisce movenze debordantemente fru-fru (lo interpreta un simpatico Jeff Goldbloom) e si comporta come uno sguaiato Nerone divertendosi ad assistere a massacri tra gladiatori presi da ogni parte dell'universo. Il numero uno è, guarda caso Hulk, sempre più gigantesco, verde più che mai, anche di una rabbia che non e' in grado di gestire né controllare, pure lui con taglio tattico da marine e tanta ira che lo rende ingovernabile e mai domo anche di fronte ad un amico e collega Vendicatore come Thor.
Divagando qua e là si arriva a raccontarci che l'Odino che regna su Asgard è in realtà il figliastro Locky che ne ha preso fraudolentemente le sembianze e si autocelebra mediante commedie teatrali svenevoli (in un cameo appare una nota star all american di cui non rivelo i particolari anagrafici); ma il vero pericolo è rappresentato da Hela, primogenita segreta e malvagia di Odino che si risveglia e rivendica il trono ai danni degli altri due fratelli, sia nei confronti dell'onesto biondo, sia col truffatore corvino.
Inutile continuare a raccontare una trametta tanto lieve quanto inconsistente come quella che regge questo blocbuster inconsistente e baraccone più che mai: meglio soffermare il nostro continuo ed acuito disappunto nei confronti di queste commercialmente azzeccate trasposizioni dei fumetti Marvel, sul tono inverosimilmente ridanciano e farsesco con cui è condotta tutta l'avventura: che assume in più occasioni le movenze ed i ritmi cabarettistici di una sitcom televisiva e i tratti da farsa di una saga goliardica alla Austin Power.
Laddove il vero e "mitico Thor" del fumetto faceva trasparire i tratti di un supereroe maturo e serio, drammatico e riflessivo, financo cupo, anche quando dalla realtà della nostra quotidianità che ce lo rendeva come medico claudicante con bastone, si trasferiva nel mondo dai ponti arcobaleno del regno ultraterreno del dio Odino, suo padre.
Evidentemente questa farsa è la soluzione per accontentare un po' tutti, restando questo filone Marvel, ben più che quello concorrente e vagamente più cinefilo della rivale DC, l'unica vera ricetta - assieme all'animazione, of course - in grado di garantire ritorni economici di portata entusiasmante per un'industria afflitta, oggi più che mai, da incertezze e passi falsi sempre più frequenti e rovinosi.
Detto questo il film, pur avvalorato dalla classe di una Cate Blanchett davvero seducente e forse mai così bella e sexy (pare una rivisitazione - l'ennesima - della strega di Biancaneve), si riduce davvero ad una farsa insopportabile, tutta giocattolosa e infarcita di siparietti strappa-risate così facili da risultare indigesti e tristemente prevedibili.
Per chi ama o ha, come me, amato in gioventù i Vendicatori e tutta la vasta famiglia poliedrica e sfaccettata Marvel, questo ennesimo blockbusters è l'esatto opposto del prodotto trascina-folle che entusiasma le platee mondiali riconciliandole con la sala.
Non bastano i soldi, una regia anche spigliata che scommette su un promettente mestierante neozelandese, Taika Waititi già conosciuto in passato, né tanto meno una colonna sonora in fondo azzeccata ed orecchiabile per assicurare un divertimento lungo oltre due lunghe ore, come uno show tutto gags ed action frullate assieme per gole troppo puerilmente accontentabili.
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