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Spider-Man: Homecoming

Regia di Jon Watts vedi scheda film

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La recensione su Spider-Man: Homecoming

di ROTOTOM
6 stelle

Essere o non essere un supereroe. E' fico? Non è fico? Questo è il problema. La ficata dell'essere super eroe è essere fico. Essere fico è una ficata. Ficata. Fica. C'è Marisa Tomei nuda che si fa il bidet. Ma io costruisco la Morte Nera Lego di tremila pezzi. Fico.

Essere supereroe è fico? 

Tutti abbiamo conosciuto nella nostra adolescenza la zia buona e nubile ispiratrice di massacranti sessioni di bassa manovalanza asserragliati nel bagno. Ecco, la zia May di Peter Parker è Marisa Tomei. La spogliarellista di The Wrestler. Quella messa a pecora da Philiph Seymour Hoffman in Onora il padre e la madre di Sidney Lumet. Lei. Non mi meraviglia che Tony Stark bazzichi nei paraggi.
In ogni caso: Peter Parker è sempre più giovane, 15 anni, aggiornando l’anagrafica di riferimento del franchise ad un pubblico  adolescenziale con l’intercalare “fico” a spiegazione di ogni bizzarria. Un pubblico che non ha più occhiaie da zia buona che irrompe nei sogni proibiti, piuttosto da estenuanti sessioni di play station notturne o costruzioni della Morte Nera da tremila pezzi di Lego. Cose così. Dovrebbe avere gli ormoni ribollenti nel sangue capaci di guidarlo in turpi azioni, qualcosa da supervillain tipo Super Smegma. Cose così. Invece no. 

La zia May nel suo tipico atteggiamento prima di tirare la pasta fresca.


Non è un film per vecchi, Spiderman: Homecoming, anche se il ritmo, il villain Avvoltoio che dalla lotta di classe operaia si mette in proprio e vende armi aliene e le battute di Tony Stark/Iron Man, riescono a riempire i vuoti della storia nerd-politically correct che deve affrontare Peter Parker dopo un primo assaggio di vita da super eroe avuto con gli Avengers in Captain America: Civil War.
Avventura, commedia, citazionismo: il pubblico cambia, cambia il prodotto. Sono regole di mercato che Hollywood conosce bene e bene riesce a veicolarle riscrivendo la storia di uno dei grandi personaggi fondanti il pantheon super-eroistico americano fino a poco fa ancora non inserito nel MCU, l’universo espanso Marvel, transmediale, nel quale i tizi in calzamaglia sono beniamini del popolo, lo difendono dalle minacce e fanno video educativi nelle scuole. E mostrano tutta la potenza della tecnologia “fica” a disposizione della difesa della terra. Basta solo essere un egocentrico plurimiliardario filantropo playboy come il buon Tony Stark.
La riscrittura della storia passa dalle certezze che: 1) i nuovi spettatori non hanno letto il fumetto di Stan Lee e Steve Ditko; 2) ormai la genesi di Spider-man la conoscono anche i muri, a furia di sequel e reboot di sequel del prodotto super aracnideo. Una cultura pop inoculata direttamente dal cinema ormai sganciatosi dal progenitore cartaceo.
Quindi, nel caso a qualcuno la frase “supereroi con super problemi” ricordi qualcosa, sappia che i problemi di Peter sono tutt’altro che super. No problem. Fico! Zio Ben? Sparito. Il rimorso e il senso di colpa che trasformano un mite studente in protettore dei deboli? Lavato via insieme ai brufoli con il Clerasil. Il Daily Bugle con l’iroso J.Jonah Jameson? Mai esistiti. Mary Jane non c’è. Gwen Stacy neppure. Flash Thompson è di origine asiatica e invece di muscoli e palloni da football americano, esibisce conoscenza nerd ai concorsi della scuola. Il dilemma se l’essere se stessi è con o senza maschera? Accennato. A Peter piace Liz, afroamericana e ha Ned come amico super-nerd, ciccione (pochissimo politically correct vero? Ma fa simpatico) che sa il suo segreto. Semplicemente, essere un supereroe è “fico”.

Tom Holland

Spider-Man: Homecoming (2017): Tom Holland


I super poteri che portano super problemi sono stati abilmente rimossi in favore di una fanciullesca, esuberante inconsapevolezza ornata da una pletora politicamente corretta di personaggi che coprono tutte le quote razziali presenti negli USA e da una ficheria diffusa di gadget ipertecnologici (ficheria diegetica) e rimandi, citazioni, ammiccamenti a situazioni note del MCU (ficheria extradiegetica) che rendono la lettura di questo Spider-man molto semplice e immediata, fruibile, divertente, tendente al superficiale.
Il ragazzino si deve fare e Iron Man è il suo mentore. Non s’è mai vista ‘sta roba qui, ma il tentativo di sostituire la figura paterna (o lo zio Ben) per insegnare al ragnetto a essere uomo prima che super eroe è funzionale alla storia, pulita, lineare, furbescamente riferita alla sigla iniziale ad opera di Michael Giacchino che trasforma la notissima sigla storica dei cartoni di Spider-man in una ouverture sinfonica: Spider-man, friendly neighborhood Spider-man. E’ questo che Tony Stark dice a Peter Parker, devi essere “l’amichevole Spider-man di quartiere”. Nulla è lasciato al caso, bisogna dirlo.
Neppure il colpo di genio di far interpretare l’Avvoltoio da Michel Keaton, creando un colossale cortocircuito metanarrativo capace di aprire un portale spazio temporale nel quale
Keaton, divenuto famoso con i Batman di Tim Burton, dirada la sua immagine fino a scompare dalle scene per anni per poi ricomparire nel diluvio d’Oscar di Birdman nel quale interpreta un ex attore divenuto famoso interpretando un supereroe pennuto, Birdman appunto e ora, al cospetto del MCU in tutta la sua nerdissima potenza, eccolo nei panni del villan Avvoltoio nel blockbuster estivo dell’annata cinematografica. 
Il tutto suona un po' perfido.

Jacob Batalon

Spider-Man: Homecoming (2017): Jacob Batalon


Ned collegato a youporn

 

*Il ciccione etnicamente indefinito aiuta on line Peter Parker a guidare un’AUDI – main sponsor  MCU- da il laboratorio del liceo. Scoperto da un’insegnante che gli chiede che cosa stia facendo, per non sgamare il super amico dice “stavo guardando un porno”. In coro i bambini presenti in sala hanno chiesto ai rispettivi genitori accompagnatori che cose fosse un “porno” perché quella battuta proprio non l’avevano capita. Grave imbarazzo generalizzato, risatine, divagazioni. Questa la parte migliore del film.

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