32° TRIESTE FILM FESTIVAL - IL CINEMA DELL'EUROPA CENTRO-ORIENTALE - ED. 2021
La responsabilità che obbliga a crescere e a responsabilizzarsi, annientando il disincanto e la leggerezza dell'essere adolescente.
Nel suo documentario d'esordio, la regista polacca Anna Zamecka si introduce, rendendosi apparentemente invisibile allo scorrere della drammatica, inquietante quotidianità, all'interno di un singolare ménage familiare, in cui tutto poggia sulla buona volontà e la responsabilizzazione di una ragazzina ancor adolescente, alle prese con i suoi impegni scolastici, con i doveri domestici tutti abbattutisi su di lei, e sulla gestione del fratello più piccolo, afflitto da una forma di autismo che lo rende particolarmente esposto ad uno stress di vita in grado di complicargli particolarmente l'esistenza, in una fase nevralgica della sua esperienza il cui il ragazzo si appresta a concludere il proprio tirocinio catechistico per la somministrazione del Sacramento della Prima Comunione.
E i genitori? non ci sono, o è come se non ci fossero: il padre, alcolizzato e pedinato dai servizi sociali, non si cura dei propri figli e pensa a soddisfare la sua sete alcolica senza controllo; la madre, fuggita di casa con il figlio neonato concepito con un altro uomo, non si interessa certo del traumatico ritmo di vita domestico della ragazzina, propensa a non far perdere al padre l'affidamento del fratello, e pertanto convinta fino al midollo a crescerlo lei con l risolutezza propria di una madre.
La cosa più sconcertante di questo documentario è rappresentata dal fatto che pare impossibile che un regista possa riuscire ad introdursi nella vita di tutti i giorni di una famiglia come quella, filmando come non fosse mai scorta, centrando la naturalezza degli interpreti impegnati a interpretare se stessi nel corso delle drammatiche vicende che caratterizzano la loro squinternata realtà familiare.
E qui ci coglie il dubbio sulla circostanza che gli interpreti, pur certi che possano essere scorti nella realtà del proprio drammatico stato di vita, non siano stati in qualche modo istruiti per rendere più scenico e filmabile, il loro drammatico corso esistenziale.
Dubbi a parte, Communion rimane un lavoro che riesce a rimanere molto ben impresso nella mente dello spettatore, fornendoci un ritratto di vita davvero sconcertante.
Straordinari i due interpreti-ragazzi, impegnati certamente a tratteggiare in modo straordinario qualcosa di (quasi) coincidente con il relativo stato esistenziale reale.
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