Regia di Danny Boyle vedi scheda film
Il tempo (che passa) è un concetto relativo, interessa il fisico, scandisce il suo decadimento, ma raramente intacca la personalità o l'identità di un individuo.
Perché alla fine, per quanti treni tu abbia preso, in quante stazioni tu ti sia fermato, per quanto lontano tu sia andato, pur senza voltarti indietro mai, resterai quello che sei sempre stato.
Magari più oculato…
forse….
maggiormente riflessivo,
è probabile….
sicuramente meno esuberante,
è questione di carattere….
certamente meno folle ma ugualmente scazzato…
meno impulsivo eppure ancora temerario…
strafottente sì, ma nella giusta misura…
e ancora più cinico, sarcastico e disperato di quando eri nel pieno della proverbiale età più bella.
Tu sei dove c'è un passato,
tu sei i luoghi dove sei cresciuto,
tu sei chi e cosa hai amato.
Soltanto più vecchio, più disilluso.
E, adesso, definitivamente sconfitto.
Da eroinomane emarginato a fallito disadattato.
Sempre -ieri come oggi- saggiamente, lucidamente consapevole di quello che hai scelto di essere.
E se il film pare avvitarsi su stesso, annaspando nel gorgo vorticoso in cui sprofonda, se la regia di Boyle -a detta degli esperti- è vecchia e andrebbe rivisitata ed aggiornata (ai nuovi -e quali- standard visivi? mi domando io....) è perché le vite dei nostri junkie boys si è fermata dove l’avevamo lasciata.
E il sempre ottimo director, cresciuto a pane ed Mtv, non fa che ricalcare/riprodurre gesti e situazioni passate, accostando/sovrapponendo/fondendo il vecchio con il nuovo, per amplificare, così, la percezione di quel pantano esistenziale dal quale i suoi protagonisti, con molta probabilità, non verranno più fuori. Facendo a meno, adesso e a giusta ragione, degli eccessi visivi, di quelle allucinate e deliranti trovate visionarie (che hanno contribuito a rendere grande il primo Trainspotting), della musica a palla più consoni ai fuochi d’artificio fisiologico-emozionali dei Rent, Sick Boy, Spud e Begbie emaciati e sbarbatelli di 20 anni prima.
Oggi appartengono allo smisurato contenitore di quelle esistenze insignificanti, miserrime, perdute.
Anonime.
Fantasmatiche.
Un tempo lontano interrotte e mai più riavviate, che, a metterle nero su bianco, certificandone il passaggio sulla terra, potrebbero acquistare finalmente un senso e dirsi reali.
Mentre aspettano, o forse non più, l’ennesimo treno che passa, l’occasione -quella giusta, quella vera- che non è mai arrivata (e non erano, certo, le 16.000 sterline rubate da Renton a fare la differenza).
In fondo, a ben guardare, nemmeno la recente ondata di riqualificazione del territorio ha colpito i nostri “sfigati” eroi.
Risparmiandoli senza pietà.
Esclusi, ancora una volta.
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