Regia di Danny Boyle vedi scheda film
C’è la luce dei ricordi, flashback improvvisi nella mente, lungo le strade di Edimburgo, Mark, Simon e Spud che guardano sé stessi più giovani, correre e scappare, doppi cinematografici impressi nella loro memoria e in quella dello spettatore e allora sembra di rivedere pezzi perduti della propria esistenza, perché per una generazione Trainspotting è stato lo specchio deforme e grottesco di un certo stile di vita, Danny Boyle aveva modellato un’estetica drogata e allucinata capace di ricreare una mitologia tossica, con attori che avevano dato corpo e sangue ai personaggi delle pagine di Irvine Welsh e ce li ritroviamo di nuovo tutti davanti agli occhi, imprigionati nel loro passato, costretti a fare i conti con le scelte fatte, il presente non è altro che una nuova serie di possibili trappole ed errori, i tempi hanno portato nuove dipendenze (cellulari, videogiochi, tecnologia) e l’eroina è solo un’ombra, quella deforme ed espressionista di Spud, proiettata su una parete, un Nosferatu in crisi di astinenza che lotta contro i propri demoni. I fallimenti, le immagini dell’infanzia, le prime pere, i legami che avevano unito dei ragazzi come tanti altri, Leith, gli alti edifici periferici, la presenza minacciosa di Begbie, il suo desiderio di vendetta pronto a trasformarsi in commedia, umorismo nero e viscerale, le invenzioni visive, le pagine attaccate sulle pareti della casa di Swan, i racconti di Spud, quasi un alter-ego sgrammaticato e puerile dello stesso Welsh, nei panni di un silenzioso trafficante di merci, Mark nella sua vecchia stanza, le locomotive e i vagoni sulle pareti, la puntina su un disco, lo strappo sonoro, ancora non è il momento giusto e allora ritornare a rubare, insieme a Simon, perso tra coca e ricatti pornografici, performance sonore e musicali improvvisate su un palco di legno, esaltazioni anti cattoliche, giusto un solo buco perché i muri tornino a muoversi come schermi cinematografici, progetti di bordelli ed erba coltivata nel sottoscala, le discoteche, la musica che pulsa, torniamo in noi stessi, le fughe, un ultimo duello, l’abbraccio di un padre, non siamo cresciuti, non siamo arrivati da nessuna parte, ora il disco può girare, Lust for life, il corpo di Mark che ondeggia, la stanza che fugge lontana, come un treno che non si è mai fermato.
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