Regia di Tonino Zangardi vedi scheda film
Umbria, 1948: durante una corsa Tazio Nuvolari perde il cofano dell’auto. Un bambino lo raccoglie e lo custodisce gelosamente. Tanti anni dopo, ormai anziano, accompagnato dal nipotino porta il cofano al museo Nuvolari di Mantova, raccontando al piccolo, lungo la strada, la storia del grande campione.
Sembra incredibile, ma fino al 2018 nessun film italiano aveva mai parlato di Tazio Nuvolari, una delle più grandi leggende sportive del Belpaese; ha rimediato a tale inconveniente Tonino Zangardi, scrivendo e dirigendo Quando corre Nuvolari, biopic sui generis dal sottotitolo eloquente: il mantovano volante, che era poi il soprannome del pilota. L’idea di partenza è molto bella (ed è lei a rendere il film una biografia sui generis): un anziano, dopo aver gelosamente custodito per tutta la vita il cofano che Nuvolari perse in corsa a Gualdo Tadino, decide di portare il cimelio dove merita di stare: al museo intitolato al pilota, a Mantova. Il viaggio è l’occasione per raccontare in terza persona le gesta di Nuvolari, la sua vita privata, il suo carattere vulcanico e le sue amicizie e rivalità sportive. Purtroppo però la fattura paratelevisiva del lavoro ne limita parecchio la resa sullo schermo e, quanto è peggio, al di là di Alessandro Haber non compare in scena alcun interprete all’altezza della situazione: recitazioni balbettanti, sguardi persi, battute scagliate lì senza convinzione sono parte della cifra stilistica del lavoro. Cento minuti di durata con doverosa citazione in apertura e in chiusura – quando si può ascoltare per intero sui titoli di coda – del capolavoro di Lucio Dalla intitolato proprio Nuvolari. 3,5/10.
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