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Robinù

Regia di Michele Santoro vedi scheda film

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La recensione su Robinù

di mm40
5 stelle

Inchiesta sui giovani camorristi napoletani.

 

Muovendosi fra il carcere di Poggioreale e quello minorile, Michele Santoro racconta le faide di camorra attraverso le parole dei protagonisti più giovani di questa specie di guerriglia urbana. Ancora minorenni, poco più che bambini vengono inseriti nella malavita locale e il traffico di droga è il principale obiettivo; senza fatica si procurano un'arma e imparano a sparare, sono sfrontati al limite dell'incoscienza e non esitano a uccidere se qualcuno malauguratamente gli si para contro. Un quadro che definire preoccupante è un eufemismo: eppure è la realtà, la realtà della peggiore Napoli possibile, e non sorprende che a raccontarla sia un giornalista salernitano come Santoro, 65 anni, un curriculum televisivo di tutto rispetto e qui all'esordio nelle vesti di regista. Presentato a Venezia, Robinù non ha ottenuto molto risalto; strano perchè in contemporanea riscuoteva enorme successo il libro di Roberto Saviano, su argomenti decisamente affini, La paranza dei bambini. Forse il limite principale del documentario è quello di presentarsi, esteticamente e contenutisticamente, come una sorta di prolungamento di Servizio Pubblico - o di una qualsiasi trasmissione di Santoro -, come un lungo servizio speciale su un argomento particolarmente spinoso; le parole degli intervistati, la maggior parte dei quali in galera o parenti di carcerati, sono a ogni modo sconcertanti. Colpisce soprattutto la storia di Michele, dietro le sbarre per aver sparato a un poliziotto, per nulla pentito e, anzi, furioso solamente per una ragione: perchè suo fratello si è allontanato dal giro della malavita, preferendo andarsene all'estero e trovare lavoro come pizzaiolo. Uno spaccato sulla mentalità che guida questi ragazzi, convinti che prima si va in prigione (tanto deve succedere), meglio è: perchè prima se ne esce. 5/10.

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