Regia di Richard Fleischer vedi scheda film
In Frenesia del delitto si respira la stessa aria di pensiero nicciano che aveva ispirato al delitto i due giovani protagonisti di Nodo alla gola di Hitchcock (il mio film preferito del regista britannico) e in effetti i fatti narrati provengono dal medesimo fatto di cronaca, molto noto negli Stati Uniti del primo Novecento. Qui si va oltre, perché si assiste anche al processo cui furono sottoposti i due assassini. E durante il quale emerge la figura del loro avvocato difensore - interpretato da un immenso Orson Welles - che riesce a coniugare la necessità democratica e legalitaria della certezza della pena nei confronti di chi si è macchiato di un delitto orrendo, con l'avversione, altrettanto democratica e legalitaria, per la pena di morte. È questo personaggio di avvocato che domina la scena nella seconda parte del film, riuscendo a sottrarre il giudizio sul crimine a una giuria espressione di una città che si era già mostrata ostile mediante manifestazione del Ku Klux Klan, per affidarlo alla decisione di un giudice monocratico esperto e responsabile. Frenesia del delitto è opera di un artigiano della regia nel pieno della propria maturità espressiva.
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