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I protagonisti

Regia di Robert Altman vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su I protagonisti

di Ethan01
6 stelle

Griffin Mill (Tim Robbins), un influente produttore ai vertici di una potente compagnia cinematografica hollywoodiana, vede minacciata la sua posizione di prestigio dall'ascesa del giovane dirigente Larry Levy (Peter Gallagher). In più Mill inizia a ricevere misteriose cartoline con delle minacce di morte.

Dopo essermi approcciato per la prima volta alla filmografia di Robert Altman (regista chiave della New Hollywood anni settanta, di cui, colpevolmente, non avevo visto nessuna pellicola) con il notevole "McCabe & Mrs. Miller", attraverso il quale Altman destruttura pesantemente il genere western e la sua mitologia, ho deciso di visionare "The Player", pellicola che mi era stata caldamente consigliata da diversi amici, e che, essendo ambientata nel mondo del cinema, mi incuriosiva particolarmente.

Adattando il romanzo di Michael Tolkin "Il giocatore", scritto nel 1988, Altman si propone di realizzare una sferzante satira sulla "Mecca del cinema", popolata da produttori senza scrupoli e interessati soltanto a far soldi, arrivisti di ogni sorta e registi apparentemente "impegnati", ma in realtà pronti a scendere a compromessi con lo "star system" pur di ottenere lo sperato successo al botteghino. Sulla carta, sembrerebbe una pellicola perfettamente nelle corde di Altman, cineasta profondamente anti-conformista e insofferente nei confronti degli ostacoli che il sistema gli ha sempre messo tra le ruote. Eppure, ne "I protagonisti", c'è qualcosa che non funziona.

A conti fatti, quello che dovrebbe essere un irriverente sberleffo alle logiche dell'industria hollywoodiana finisce per essere un'opera confusa quanto abbastanza superficiale, che cerca di colpire i suoi bersagli (ed in parte, ovviamente, vi riesce), senza però osare quanto effettivamente potrebbe (non è un caso che "I protagonisti" sia stata la pellicola che ha riconciliato Altman con il grande pubblico, rilanciando così la sua carriera, commercialmente parlando), e finendo per adagiarsi eccessivamente su ripetitivi quanto risaputi espedienti narrativi.

In primis: che bisogno c'era di scomodare una miriade di attori hollywoodiani, la maggior parte dei quali impegnati in fugaci, se non quasi impercettibili, apparizioni, che nell'economia della pellicola non hanno alcuna rilevanza? Nomi del calibro di Jack Lemmon, James Coburn, Peter Falk, Jeff Goldblum, Rod Steiger, Cher, Harry Belafonte, Julia Roberts, Nick Nolte, Anjelica Huston, Robert Wagner (e la lista potrebbe continuare) totalmente sprecati e messi lì quasi per caso. Per non parlare delle molteplici, quanto gratuite, e a lungo andare stancanti, citazioni cinefile, nonché dei continui ammiccamenti al pubblico (l'inquadratura sulla foto di Hitchcock e sulle varie locandine cinematografiche appese negli uffici degli studios).

Un grande dispiego di mezzi e risorse, una durata di più di due ore, un notevole impegno dal punto di vista della regia (come si nota ad esempio nella prima scena, con un piano-sequenza elaborato quanto quello celeberrimo all'inizio de "L'infernale Quinlan") per un film in fin dei conti senza vero mordente, povero nelle psicologie (nemmeno il personaggio principale, su cui è incentrata tutta la vicenda, è sviluppato in maniera convincente) e pieno di parentesi inutili (come la love-story tra Robbins e la Schacchi). Tutto questo per dire cosa? Che i "cattivi" commettono le loro malefatte e nonostante ciò continuano a vivere tranquillamente, gli arrivisti e i superficiali prosperano e il lieto fine c'è solo nei film di Hollywood? Niente di nuovo sotto il sole, con la differenza che un discorso del genere era stato sviluppato in maniera di gran lunga più efficace e meno velleitaria già in precedenza, e se vogliamo in una prospettiva ben più radicale e pessimista (vedasi "Crimini e misfatti" di Woody Allen, anche se qui la vicenda si svolge al di fuori del mondo di Hollywood).

Per quanto riguarda il cast non si può comunque non elogiare la bravura di Tim Robbins, mentre Vincent D'Onofrio risulta piuttosto sacrificato, come d'altronde anche il regista Sydney Pollack nel ruolo dell'avvocato Dick Mellon. Complessivamente inadeguate le musiche di Thomas Newman, che si addicono più ad un thriller che ad una pellicola di questo tipo.

In ultima analisi, non si può considerare "I protagonisti" un film riuscito, e, a dispetto della sua potenziale carica satirica e polemica, è un'opera che purtroppo finisce per scendere a compromessi con il sistema che vorrebbe mettere alla berlina, risultando piuttosto schematica e tutt'altro che sincera.

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