Regia di Armando Crispino vedi scheda film
L'originalità dell'ambientazione è il punto di forza di questo giallo italiano mascherato da horror (e verrà ripresa nel successivo "Il medaglione insanguinato" di Massimo Dallamano) e ne ha fatto giustamente un piccolo cult, affascinante nella sua componente pseudo-paranormale. Se nella struttura rientra pienamente nei canoni del genere (compreso il ricorso al doppio finale), lo svelamento del movente dell'assassino, con tanto di flashback rivelatore (la violenza familiare che provoca il trauma infantile), è sorprendentemente affine a quello di "Profondo rosso", anche se lì la soluzione sarà diversa. Come accadeva non di rado in quegli anni, un giallo derivativo ed anticipatore allo stesso tempo.
A differenza di altri gialli coevi che rischiavano di sgonfiarsi man mano che ci si avvicinava alla fine, qui l'interesse per la trama e il coinvolgimento nella storia non decollano nella prima parte ma aumentano con l'approssimarsi alla soluzione finale. Che, cosa fondamentale per i gialli dell'epoca, è convincente perchè credibile e intrigante, pur peccando un po' di verosimiglianza e nonostante un'ingenuità nel dialogo tra il protagonista e quello che di lì a poco si scoprirà essere il colpevole. L'agire dell'assassino rivela un mix di lucidità e follia forse difficili da conciliare, nel ricorso all'armamentario etrusco per orientare i sospetti sul protagonista e assieme al nastro registrato e alle scarpette che invece sono direttamente connessi al suo folle movente. Ma in fondo l'inverosimiglianza era costume nei gialli dell'epoca (Argento in primis) e la si perdona quindi volentieri, come l'escamotage di infarcire la trama di personaggi su cui progressivamente vanno ad addensarsi e poi a cadere i sospetti.
Si sono sentiti Ortolani migliori... Il tema principale fa il suo effetto ma non è originalissimo (molto meglio quello successivo composto per "Cannibal Holocaust", anche perchè in voluto contrasto con il tono del film), e soprattutto è ripetuto troppe volte e con poche variazioni. Sembra un Ortolani un po' di passaggio. Suggestivo invece l'uso del brano classico come elemento auto-scatenante del raptus omicida.
Il protagonista. Ed eliminerei il personaggio del coreografo gay del pur bravo Horst Frank, piuttosto inutile ai fini della trama (se non per il bell'inseguimento in auto).
Uno dei tanti pesci lessi stranieri prestati al cinema italiano. La sua espressività baffuta ricorda quella di Harry Reems in "Gola profonda"...
Affascinante, si vede che ha classe: sorprende (in positivo) trovarla in un "piccolo" giallo italiano.
Bravo, riesce a rendere interessante il suo personaggio.
Funziona come ispettore "duro".
Non ha guizzi particolari ma riesce comunque a creare una certa atmosfera, aiutato dall'ambientazione e dalle scelte di montaggio: le rapide apparizioni del demone etrusco lasciano il segno. Già "argenteggiante" nella trama, se avesse ricorso a virtuosismi tecnici avrebbe forse esagerato: saggio. Le scene di omicidio fanno il loro dovere, e la bella sequenza dell'inseguimento in auto per le vie di Spoleto fa intravedere un buon piglio per l'azione.
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