Regia di Denis Villeneuve vedi scheda film
Ambientata alcuni decenni dopo la storia del primo Blade Runner, questo sequel racconta di un "miracolo". Nella California del 2049, un "Blade Runner" di nuova generazione, nel corso di una missione di "ritiro" di una vecchia unità, rende possibile la scoperta di un evente creduto impossibile. Alcuni decenni prima, una replicante era riuscita ad avere dei figli. Sulle tracce di tale discendenza si pongono due entità, il Dipartimento di Polizia di Los Angeles, baluardo delle istituzioni e rappresentanza di un governo evanescente, in una civiltà sulla via del tramonto, e la società Wallace, erede della Tyrell, l'azienda creatrice dei replicanti modello Nexus 8, fallita in seguito al ribellarsi di questi ultimi. Il fondatore della società Wallace vorrebbe impadronirsi del segreto per motivi commerciali, e pertanto sguinzaglia al seguito dell'agente K - incaricato della ricerca da parte del L.A.P.D. con lo scopo di nascondere per sempre tale segreto per preservare la pace sociale - la sua replicante Luv. Questo episodio presenta una trama più complessa di quella del predecessore; reca una visione pessimistica dell'evoluzione della civiltà terrestre e lasciando intuire migliori possibilità di vita su altri pianeti. La terra è sovrappopolata, le sue risorse sono razionalmente spremute all'estremo, da poche sequenze ci viene fatto capire che esiste una notevole disparità sociale. Pur non dando molte spiegazioni, inoltre, il regista ci presenta i replicanti come una compagine ormai organizzata e pronta a ribellarsi contro la decadente civiltà umana che li ha creati. L'unica barriera che ancora sembra dividere la "macchina" dall'uomo è la possibilità di procreare, ed anche essa sta crollando. La ricerca dell'agente K porta lo spettatore a comprendere cosa sia diventato il mondo del 2049, mostrandone le strutture economiche e sociali. Questo sequel non tradisce le idee del film originale. Continua l'indagine sulla coscienza delle "macchine", al novero delle quali aggiunge una presenza esclusivamente virtuale, ovvero una proiezione incorporea resa da uno strumento dalle dimensioni di una penna. Estremamente evocativi gli scenari. Le città sono immensi ed estremamente razionali agglomerati di edifici, nel quale non vi è alcuna presenza di piante. Anche gli interni sono ispirati alla razionalità, dai piccoli appartamenti in grattacieli-alveare, ai vasti e stranianti ambienti dei palazzi del potere. Qua e là, immense infrastrutture mostrano come la mano dell'uomo abbia segnato l'aspetto del pianeta. Impianti di trasmissione con parabole; distese di serre per l'allevamento di "proteine", gigantesche dighe che trattengono l'acqua degli oceani evidentemente saliti di livello. Un richiamo all'attualità è fornito dall'orfanotrofio-fabbrica, locazione tristemente presente anche nei giorni nostri, nella quale vengono lavorati i molti rifiuti elettronici che la nostra civiltà quotidianamente produce. Nella media il livello della recitazione, Ryan Gosling interpreta validamente le emozioni che animano il suo personaggio in rapporto ai colpi di scena che il film riserva; senza infamia e senza lode Harrison Ford e gli interpreti degli altri comprimari. Il ritmo del film è estremamente lento; l'azione molto ridotta. Prevalgono colori scuri e tonalità cupe, che infondono inquietitudine. Mi sarei aspettato qualcosa in più dalla colonna sonora, estremamente in linea con l'atmosfera ma priva di motivi "portanti"; ciò, ovviamente, non rovina la visione di un seguito che, pur non toccando l'eccellenza del predecessore, a me, personalmente, non ha deluso.
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