Regia di Denis Villeneuve vedi scheda film
Una domanda per chi lo ha visto ovviamente: vi ha emozionato questo film?
Io in sala ho avuto come la sensazione che il pubblico pagante non fosse poi così coinvolto dalla storia ma più che altro ipnotizzato dall'impianto scenografico di questo sequel tanto atteso di un film sui replicanti che non cerca di replicarlo con una caccia agli androidi ma che però risulta essere una replica macchinosa, sia chiaro non sbiadita e neanche irrispettosa del film che racconta il futuro ma neppure all'altezza del capolavoro di Ridley Scott che dopo un primo impatto a caldo aveva lasciato i cinefili un pò perplessi e spiazzati iniziò a sedimentare nell'anima e a spremere le meningi su ragionamenti e ipotesi sul futuro dell'uomo fino a diventare un cult assoluto in cui tutto è memorabile: i tempi, i dialoghi, i personaggi e non ultime le riflessioni sul rapporto fra uomo e macchina.
Blade Runner 2049 mi è rimasto in testa la sera in cui l'ho visto e dopo una chiacchieratina con i miei amici su qualche aspetto che non mi era chiaro da subito è svanito nel nulla, l'esatto opposto del mitico Blade Runner che continuo a rivedere da anni perchè mi piace da matti in tutte le sue versioni discusse e analizzate.
K interpretato da Ryan Gosling è il blade runner che trenta anni dopo Deckard continua a ritirare androidi non graditi e questa volta viene messo in chiaro che lui stesso è uno di loro, è autorimarginante per quel che riguarda tagli e ferite, e tutte le volte che rientra in ufficio subisce un Void Kampf al contrario, ovvero un test a pioggia di domande che non deve evidenziare se sia o no un replicante ma piuttosto che lo sia sempre allo stesso modo, non una emozione di più non un ricordo di meno.
Lo vediamo compiere un ritiro in una scena che doveva iniziare il primo film e invece avvia questo ma è il primo e solo replicante ricercato che viene tolto dal mondo perchè l'agente K da quel momento in poi compie tutt'altra ricerca in un pianeta in cui non si sa più se un uomo è un umanoide e un cane un animale artificiale e forse è questo l'aspetto che mi è piaciuto di più di questo universo espanso, come lo slogan della Tyrell Corporation dichiarava trenta anni prima "Più umano dell'umano".
K è alla ricerca di Deckard e la verità su se stesso che la sceneggiatura ci sbugiarda fin quasi alla fine del film fra cimiteri di metallo grandi come la California e città morte in un deserto di casinò abbandonati mentre Los Angeles è sempre colma di smog pioggia battente e gente di tutti i colori con pubblicità ologramma che compaiono ovunque sotto il dominio di una nuova corporation con gli interni interamente in legno, materiale da ricchi vista la quasi estinzione del regno vegetale oltre di quello animale.
K comincia ad incontrare gli omaggi al primo film come Gaff all'ospizio: gli riferisce che Deckard si è dato perchè forse era anche lui artificiale e sognava pecore elettriche come suggerito dal suo origami in un chiaro rimando anche al libro di Philip K Dick da cui tutto è partito.
Il miracolo della vita ha raggiunto anche gli esseri artificiali che possono procreare a quanto pare ed è quello che in fondo K deve scoprire ma non so se sono io ad essere di legno e quindi merce rara in questo mondo, la trama mi gira a vuoto in più punti trascinanosi in vari luoghi e con noiosi dialoghi se non nell'incontro fondamentale di K con la ragazza che inventa i ricordi per gli androidi, da una lacrima sul viso ho capito tante cose anche con la mia testa di mogano.
Sean Young è ancora Rachael in voce catalogata e in ologrammica apparizione ma oltre a ciò c'è un riferimento al primo film che non molti potranno cogliere se non si sono scorpacciate le immagini tagliate dove Deckard faceva visita a Olden in ospedale mentre il suo collega ferito e in degenza leggeva il classico "L'isola del tesoro" e dopo molto girovagare K viene accolto da Deckard in una Las Vegas aggiuntiva con una frase del libro "Non avresti un pezzo di formaggio".
C'è quindi un continuo smarrimento in me, una perdita del filo del discorso, uno sfaldarsi dell'acqua che per poco non affoga Deckard mentre uno scontro di karaté fra la Hoeks e Gosling tocca il punto più basso del film, non c'entra un cazzo con Blade Runner questo scontro e la faccia migliore offerta dalla replicante cattiva dell'olandesina è veramente fastidiosa, un personaggio che non ho gradito davvero, ma mai quanto la serpeggiante ipotesi di un esercito di replicanti ribelli nel sottosuolo che potrebbero dare vita a Blade Runner 2079 in stile Terminator.
La fine arriva fra la neve su un Gosling finalmente un po' più espressivo e una virgola di Vangelis che manca maledettamente a questo film che in compenso mette in mostra la bella attrice cubana Ana de Armas che in realtà non è un ologramma ma è proprio .......
La mia lapide è questa: BLADE RUNNER non ha bisogno di sequel.
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