Regia di Anatole Litvak vedi scheda film
Virginia (Olivia de Havilland, prestazione superlativa, parzialmente 'rovinata' dalla deleteria voce di Lydia Simoneschi), una giovane donna, si ritrova in un manicomio e non ricorda bene né chi sia precisamente né il suo passato: un medico molto comprensivo, il dottor Kik (Leo Genn), prima usando l'elettroshock, poi una via di mezzo tra l'ipnosi e l'uso delle teorie psicanalitiche, entrerà pian piano nei meandri della sua mente disturbata per poter risalire alle cause dei traumi (infantili) che hanno provocato in lei così tanto disagio.
Anatole Litvak, con 'La fossa dei serpenti', dirige un dramma dai forti contenuti, molto originale per l'epoca in cui uscì - è tratto dal libro di Mary Jane Ward, vocabolo che, curiosamente, in inglese significa reparto (dell'ospedale psichiatrico), in molti dei quali la storia è ambientata - e tra i primi ad affrontare di petto un argomento delicato come i disturbi mentali, comunque evitando sequenze potenzialmente scioccanti come le sedute di elettroshock, in cui il regista procede con scene documentaristiche ma in modo ellittico, inquadrando tutti gli strumenti usati - il lettino, la preparazione del paziente, l'applicazione degli elettrodi alle tempie - ma staccando al momento dell'esecuzione della procedura e passando successivamente alla parte in cui, tra un passaggio da un reparto ospedaliero all'altro e, tra alti e bassi, i medici tentano di curare la patologia ricorrendo alle teorie della psicanalisi.
L'autore padroneggia bene lo strumento del flashback, con cui narra gli eventi scatenanti i disturbi della paziente - l'infanzia con i genitori, una storia con un uomo finita in tragedia e l'incontro con l'uomo che diventerà suo marito - e, di pari passo, narra la 'discesa negli inferi' della donna, rappresentata visivamente dall'inquadratura in cui Virginia è ripresa in figura intera e, a poco a poco, la macchina da presa si allontana fino ad arrivare in campo lungo dall'alto, mostrando appunto quella che appare come una 'fossa', che dà il titolo al film.
Buona la tensione, che non viene mai meno, straordinaria per intensità la prova di Olivia de Havilland, azzeccate le caratterizzazioni di gran parte delle pazienti ricoverate, una su tutte Beulah Bondi, nei panni di una anziana che si atteggia a signora di nobili origini, la pellicola sconta unicamente come difetti l'usuale descrizione del personale infermieristico, con la solita infermiera caporeparto cattiva e un finale, per i toni e l'impostazione fino a quel momento utilizzati, persin troppo ottimistico e hollywoodiano.
Voto: 7,5.
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