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L'Atalante

Regia di Jean Vigo vedi scheda film

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La recensione su L'Atalante

di OGM
10 stelle

La vita è fatta di cose che accadono: per lo più irritanti, ridicole, incongruenti, ma che, se vogliamo, anziché procurarci fastidio, possono essere viste come omaggi alla nostra fantasia, alla nostra capacità di uscire dagli schemi per immaginare strade alternative.  Jean Vigo fa della propria arte una gustosa fantasia dell’assurdo: l’abnorme si trasforma in poesia se è vissuto con quel misto di intelligente umorismo e generosa condiscendenza che trascende la semplice tolleranza per diventare un’allegra partecipazione alla novità. La protagonista femminile di questo film, la sposina Juliette, incarna proprio quella forma di ingenua incoscienza che è esente da inibizioni perché è immune da pregiudizi. Il suo cuore è gioiosamente aperto alla conoscenza, alla scoperta di un mondo ricco di personaggi bizzarri e storie stravaganti. Non  conoscere il pericolo significa vedere in ogni evento un’occasione per spaziare con la mente, andando ben oltre l’evidenza: anche il viaggio di nozze a bordo della barca L’Atalante, anziché un punto di arrivo, è per lei un irripetibile momento di passaggio, un itinerario in cui l’amore è solo il solido elemento di sfondo di una personale avventura di esplorazione.  Suo marito Jean,  è, per contro, l’uomo imbrigliato in un ruolo di responsabilità, costantemente attanagliato dall’incubo di perdere il controllo della situazione, e che quindi, di riflesso,  si presenta  tanto rigido quanto disarmato di fronte agli imprevisti. Per lui, capitano d’acqua dolce, abituato ad andare di porto in porto seguendo il corso dei fiumi, l’esistenza è fatta di percorsi obbligati e tappe programmate; a questo atteggiamento si contrappone, da un lato,  la gaia spavalderia del musicista/venditore ambulante, dall’altro, l’idea della navigazione rappresentata da père Jules, vecchio marinaio con il corpo ricoperto di tatuaggi e la cabina colma di pittoreschi souvenir di paesi lontani. Per Jean, inizialmente, anche l’acqua è una materia inerte e oscura, e solo alla fine, grazie al suggerimento della donna - che lo invita a immergere la testa tenendo gli occhi aperti - si rivela una sostanza viva e trasparente ai sogni. Ancora una volta, come in A propos de Nice o in Zéro de conduite, Jean Vigo propone il gioco come una potente arma di provocazione intellettuale: l’unica risorsa che, fin dalla prima infanzia, è a portata di ciascuno, ed è in grado di sovvertire l’ordine e ridefinire, in  maniera sorprendente, ogni dettaglio della realtà che ci circonda.

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