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L'Atalante

Regia di Jean Vigo vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su L'Atalante

di laulilla
10 stelle

Con L’ Atalante Vigo raggiunge la perfezione, raggiunge il capolavoro. Si limita a porre davanti al suo obiettivo una realtà che trasforma in incantesimo, e filmando prosa ottiene poesia. (Francois Truffaut – 1970)

È uno dei più grandi film della storia del cinema questo capolavoro di Jean Vigo, dalle vicende tormentate (tagli selvaggi dei produttori che in Francia addirittura gli avevano cambiato il titolo, facendolo diventare Le Chaland qui passe) così come quelle del suo autore, morto a soli 29 anni senza essere riuscito a vederlo in sala.  Ora è di nuovo fra noi, dopo l’ultimo restauro che ce lo restituisce in un’edizione forse definitiva, dopo quella del 2001. Il nuovo e accuratissimo restauro della Cineteca di Bologna si è basato principalmente sulla pellicola intera conservata al British Film Institute di Londra, (dove era stata portata per volontà dello stesso Vigo).  Le notizie e i problemi posti da quest’ultimo restauro, che integra e perfeziona quello del 2001, sono reperibili QUI .

L’Atalante è il nome di una chiatta fluviale che si spostava col suo carico di merci lungo le ramificazioni della Senna, fra Parigi, e l’estuario di Le Havre, sulla quale vivevano il capitano Jean (Jean Dasté), père Jules (Michel Simon) anziano marinaio e un ragazzetto tuttofare, il mozzo.

All’inizio del film si percepisce un festoso fermento, una diffusa aria di attesa trepidante intorno a quel barcone a motore: poco lontano, infatti, in terra di Normandia, Jean stava sposando la sua Juliette (Dita Parlo) che avrebbe portato lì, sull’Atalante, per la luna di miele e per il resto della loro vita insieme. Dopo le nozze, Jean era tornato alle sue quotidiane occupazioni, mentre Juliette si era preoccupata di ripulire e riordinare l’imbarcazione che si presentava sporca e disordinata, nonostante il frettoloso tentativo di renderla accogliente da parte dei tre uomini in previsione del suo soggiorno. Aveva avuto, perciò, il suo bel daffare a sistemare tutto, a lavare indumenti e biancheria, a riordinare gli spazi angusti, a provvedere al cibo per tutti, anche per i gatti di père Jules, che, in numero imprecisato, si aggiravano sulla chiatta.  Père Jules, con malcelata galanteria, l’aveva spesso affascinata con i suoi racconti, mentre lei attendeva, un po’ annoiata, che Jean la raggiungesse, lasciando per brevi momenti le operazioni di carico e consegna delle merci, oltre che la navigazione. L’anziano marinaio, che evocando il suo passato avventuroso e i suoi viaggi, le aveva mostrato maliziosamente il proprio corpo tatuato, i tesori celati, i vecchi ricordi e le fotografie di luoghi e persone lontane, la incantava e la aiutava a immaginare che anche per lei sarebbero arrivati i momenti magici delle avventure e dei lunghi viaggi nei paesi più esotici, mentre per l’immediato era felice e impaziente per l’imminente sosta dell’Atalante nei pressi di Parigi. Lì finalmente avrebbe avuto, per qualche giorno, Jean tutto per sé; finalmente fuori da quella barca Jean l’avrebbbe  portata a ballare, al cinema, avrebbe accontentato qualche suo capriccio… Non era andata così, però! Tutto preso dai problemi del suo lavoro, che continuavano anche sulla terra ferma, Jean si rivelava poco comprensivo e anche violentemente geloso, cosicché Juliette, col lutto nel cuore, lo aveva lasciato. Avrebbe, però, presto fatto i conti con la realtà durissima della crisi economica in Francia, che non permetteva a nessuno di illudersi sul proprio futuro…

Il film, ora, segue separatamente i destini di Jean e Juliette, nonché il percorso individuale della rispettiva maturazione sentimentale che li avrebbe portati a ritrovarsi. Per Juliette, come ho accennato, la presa di coscienza coincideva con la scoperta della dura realtà della crisi economica dilagante nel paese e della conseguente difficoltà per tutti di trovare lavoro, cui si aggiungeva la peculiarità di essere donna e quindi esposta a ogni tipo di insidia e ricatto. Indimenticabile, fra le altre, la scena delle lunghe code delle donne e degli uomini disoccupati, respinti col comunicato Non si assume affisso ai cancelli di un cantiere (o di una fabbrica).

Per Jean, da sempre immerso nella realtà e nel lavoro, è invece il momento di emergere, di spingere lo sguardo un po’ oltre, al di sopra delle meschinità e delle beghe quotidiane: non l’avrebbe vista comparire nel fondo di un secchio d’acqua, come gli era stato suggerito di fare, ma l’avrebbe ritrovata in una dimensione onirica, mentre lo stava raggiungendo, sul fondo del mare in cui si era tuffato, coll’abito da sposa per riportarlo sulla terra, all’amore.
La scena è di quelle mitiche, ormai parte dell’immaginario di ogni amante del cinema, utilizzata anche da Enrico Ghezzi come sigla della famosa trasmissione televisiva cinefila di RAI 3, Fuori Orario (accompagnata dalla voce di Patti Smith):

Jean Vigo riesce a mantenere, per tutto il film, un miracoloso equilibrio narrativo, evitando l’insidia del melò strappalacrime, dietro l’angolo, grazie alla leggerezza sorridente del racconto, fluido e molto semplice, che non disdegna la dimensione onirico-simbolica surrealista degli anni ’20* ed evita, contemporaneamente, la deriva piattamente realistica su cui il cinema francese sembrava avviarsi. così come ha colto benissimo il grande François Truffaut:

” Con L’ Atalante Vigo raggiunge la perfezione, raggiunge il capolavoro. Si limita a porre davanti al suo obiettivo una realtà che trasforma in incantesimo, e filmando prosa ottiene poesia.” (Francois Truffaut – 1970)

 

Da vedere, ça va sans dire!

_________________________

*Così Luis Buñuel:

“Ho amato […] L’Atalante di Jean Vigo. Sono andato a trovare Vigo durante le riprese. Il ricordo di un uomo molto debole fisicamente, giovane e cortese  (Luis Buñuel – Dei miei sospiri estremi – SE – 2005 – pag. 236 ).

 

 

 
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