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Comizi d'amore

Regia di Pier Paolo Pasolini vedi scheda film

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La recensione su Comizi d'amore

di Gangs 87
7 stelle

Nel 1963 Pier Paolo Pasolini sta preparando il suo prossimo film Il Vangelo secondo Matteo così inizia a girare l’Italia, in compagnia del produttore Alfredo Bini, alla ricerca di luoghi e volti da rendere protagonisti. Coglie così l’occasione di creare un documentario che finisce per essere più che altro un reportage sugli usi e costumi sessuali dell’Italia di quel tempo.

 

Divide la pellicola in due parti: un primo tempo più generico, che tenta di racchiudere sommariamente l’idea che c’è dietro al film in essere e l’idea generale sul sesso e sull’orientamento di un popolo ancora profondamente bigotto; un secondo tempo più specifico, caratterizzato da una serie di suddivisioni, definite per l’appunto comizi, in cui il sesso viene scandagliato in diversi usi e credenze.

 

Ne viene fuori un prodotto genuino e inaspettato, sia per la spontaneità sia per l’arretratezza mentale che coinvolge molto persone, per lo più uomini ma anche donne di una certa età, che condannano con parole offensive l’omosessualità, riducendola ad una menomazione curabile, incuranti che il primo orecchio ad ascoltarli sia proprio quello di Pasolini che resta signorilmente impassibile, forse addirittura indifferente, davanti a codeste affermazioni.

 

L’alternarsi di personaggi famosi, come Oriana Fallaci, Peppino Di Capri, Alberto Moravia e Giuseppe Ungaretti tra gli altri, con il popolo crea una sorta di autenticazione del racconto che da queste menti pensanti viene analizzato con razionalità, grazie anche all’intervento professionale dello psicologo Cesare Musatti che insieme allo stesso Pasolini tenta, almeno marginalmente, di esplicare le motivazioni che si celano dietro certe affermazioni. Ennesimo documento storico dalla visione imprescindibile.

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