Regia di Nunnally Johnson vedi scheda film
Una mite casalinga comincia ad avere crisi di amnesia durante le quali si manifesta un’altra sua personalità, quella di una vamp desiderosa di evasioni, e poi un’altra ancora, quella di una signora colta ed elegante. La storia è vera, e forse il problema è proprio questo: più che un film sembra la messa in scena di un referto medico, con tanto di introduzione e voce narrante che illustrano gli aspetti clinici della vicenda. Ma la cornice tende a soffocare il quadro, relegando sullo sfondo il senso di disagio che la donna effettivamente prova per il clima domestico nel quale vive, tirando fuori dal cilindro il trauma infantile che ha causato il suo disturbo e concludendo con un lieto fine frettoloso: l’opposizione fra le prime due personalità viene semplicisticamente evidenziata nei nomi Eva White ed Eva Black, mentre le scorribande notturne della seconda si limitano alla frequentazione di bar ed evitano inverosimilmente avventure sessuali; sempre a proposito di inverosimiglianze, poi, i passaggi da una personalità all’altra sono così repentini da sfiorare il ridicolo. D’altra parte Joanne Woodward fornisce un’interpretazione camaleontica, giustamente premiata con l’Oscar, e il truccatore lo avrebbe meritato ancora di più (ma all’epoca non era previsto): la differenza fra il look dell’attrice come donnetta scialba e come bomba sexy è tale da poter essere usato come pubblicità “prima” e “dopo” per un centro estetico.
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