Regia di King Hu vedi scheda film
Basato su una serie di racconti del seicento che il regista trasforma in un magico romanzo di formazione, "A Touch Of Zen" è un grandissimo film, che dovrebbero vedere soprattutto coloro che hanno esaltato, a torto, "La tigre e il dragone". Qui veramente si ha la sensazione di essere davanti a un capolavoro, per la magia che il regista, un vero intellettuale, studioso della cultura cinese, ha saputo infondere nelle immagini del film. Ma oltre alla magia che sanno creare i riferimenti alla cultura e alla tradizione della Cina di epoca Ming, nel film c'è tanta ironia, poesia, mistero, violenza, ma anche un senso plastico e una maestria nel gestire le scene d'azione che umiliano i celebrati genialoidi dei nostri giorni (v. Tarantino). Chi abbia visto "La tigre e il dragone" dopo avere visto "A Touch Of Zen" avrà sicuramente avuto la sensazione di avere già visto certe sequenze, e fatte meglio. Basti vedere le scene dei combattimenti, del resto molto frequenti e cruente: qui, con trent'anni di tecnologia in meno gli attori/atleti/ballerini (i combattimenti sono anche grandi coreografie quasi danzate) di King Hu si muovono naturalmente leggiadri e saltano davvero come grilli, anziché apparire grossolanamente legati a delle invisibili corde come nel film di Ang Lee. Assolutamente da vedere per ogni fan dei "film di arti marziali di cavalieri erranti", "A Touch Of Zen" offre anche un personaggio indimenticabile nel monaco Hui Yuan (Roy Chiao), una specie di Bud Spencer versione zen, che alla fine, tra fendenti raggi di sole, si trasfigura perfino in una divinità buddista.
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