Che coppia, quella formata dal professore Lorenzo, e dalla disinibita e imprevedibile titolare di una pasticceria Eugenia!
Bizzarri ed appartenenti quasi a due mondi differenti, oltre che quasi a due epoche diverse, considerata la differenza d'età che li divide.
La coppia ha due figli, ma dei due chi emerge e prevale nel racconto è senz'altro Piera, bambina intelligente e brillante che si divide tra l'affetto distratto ma in buona fede del padre bizzarro ed intellettuale irrisolto, e l'atteggiamento disinibito al limite della sfacciataggine della madre, ninfomane dall'aspetto assai attraente, che non nasconde a nessuno la propria passione irrefrenabile per esperienze sessuali sempre più al limite.
Anche Piera crescerà accentrando verso di sé l'attenzione maschile degna di quella ricevuta e coltivata dalla genitrice.
Proverà a specializzarsi facendo la sarta presso l'officina della zia, ma scoprirà di avere un gran talento nella recitazione, ritrovandosi però anche a dover gestire due genitori resi derelitti entrambi da una forma di follia che li renderà completamente privi di autosufficienza, e per tale motivo confinati in un istituto per malattie mentali.
Tratto dall'omonimo romanzo-intervista che Dacia Maraini pubblicò assieme all'attrice Piera Degli Esposti, definendo una colorita versione di se stessa e della propria controversa ma umanissima radice familiare, la trasposizione cinematografica accentua, grazie al tocco visionario e parimenti folle di un sempre adeguatamente eccentrico Marco Ferreri in regia, il punto di vista fuori da ogni schema dei tre personaggi balordi definiti in bilico a precipizio tra eccessi e minimalismi, ognuno umanissimo ma anche pazzo sino a non saper evitare di finire in fondo al proprio baratro.
Solo Piera riuscirà in qualche modo a salvarsi evitando il precipizio, grazie alla sua profonda capacità di osservazione, che le impedisce in qualche modo di ripetere gli errori dei propri genitori indolenti o incauti.
Nel film strambo ma anche attraente, è forte e anzi dirompente il legame familiare che unisce a due a due i tre protagonisti, che insieme danno vita ad una famiglia scombiccherata che si ama, si tradisce, si detesta senza tuttavia mai riuscire a rinunciare ad una sua disordinata essenza portante.
A dare valore al film contribuisce prima di tutto Hanna Schygulla, che per questa sua straordinaria interpretazione ottenne il premio come Miglior interprete femminile al Concorso del Festival di Cannes.
Isabelle Huppert, nonostante una differenza d'età di soli dodici anni, appare credibilissima in qualità di Piera adulta, mentre Marcello Mastroianni, professore timidamente fuori di testa, riesce a definire i tratti umanissimi di un personaggio solo e spesso ridicolizzato, che trova la sua forza di vita solo all'interno di quella sua balorda e disomogenea famiglia degli affetti.
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