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Una città chiamata bastarda

Regia di Robert Parrish, Irving Lerner vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Una città chiamata bastarda

di axe
5 stelle

Messico, fine XIX Secolo. Un gruppo di rivoluzionari conquista un villaggio nel nord della nazione, trucidando governativi ad altri personaggi sgraditi. Dieci anni dopo, uno dei capi dei ribelli è ancora lì e veste abiti talari. Nel paese s'è installato un improbabile ufficiale, il quale, forte della sua soldataglia, spadroneggia. La routine di quotidiane sopraffazioni è interrotta dall'arrivo di una donna, che offre una notevole somma di denaro in cambio di informazioni o della vita di chi gli uccise il marito, seppellito nel cimitero locale e coinvolto nelle vicende di molto tempo prima. Apprende che il responsabile è "Aguila", un rivoluzionario del quale il nome reale non è noto, e la sua esistenza è leggenda e speranza per gli oppressi. Coproduzione spagnola / statunitense, "A Town Called Hell" è un'opera fortemente ispirata ai nostrani "spaghetti-western", per ambientazione - un villaggio scalcinato e semiabbandonato, ove vige la legge del più forte - contesto geopolitico - il caotico Messico dell'eterna rivoluzione - caratterizzazione dei personaggi - avidi, sanguinari, dal passato misterioso e dal ruolo ondivago. Il lavoro dei registi statunitensi Robert Parrish e Irving Lerner soddisfa a metà; i due mostrano di aver ben recepito la "lezione" italiana, costruendo un'ambientazione evocativa, portando in scena, accompagnate da una buona colonna sonora, violenza e crudeltà, frutto di una valutazione negativa del periodo storico rappresentato - terra e tempo in cui ogni ambizioso uomo d'armi, in nome di un'improbabile "rivoluzione" può far ciò che vuole, oggi "difendendo" gli oppressi, domani divenendo egli stesso oppressore - e di un pessimismo di fondo connesso alla natura maligna dell'animo umano, facile preda di avidità e desiderio di vendetta; tuttavia mostrano eccessivo manierismo nel costruire i personaggi, moderatamente stereotipati e comunque poco approfonditi. Non è chiaro, in particolare, cosa abbia spinto l'"Irlandese" (Robert Shaw) a farsi prete. Qualche omicidio di troppo sulla coscienza ? Se così fosse, ciò non sarebbe in linea con le sue idee. E', infatti, schierato senza esitazioni con i più deboli, vittime ora di questo, ora di quel prepotente. Altri attori presenti nel cast sono Martin Landau (uno sgradevole colonnello dei rurales), Fernando Rey (un anziano popolano cieco, e tuttavia in grado di riconoscere Aguila), Telly Savalas (Don Carlos, il quale esce di scena fin troppo rapidamente). Mi è piaciuta la resa della connotazione di Aguila. Egli, apprendiamo, dopo averne avuto sentore per l'intero racconto, non è una singola persona, bensì è un'idea che accomuna più soggetti. Pertanto, l'identificativo di capopopolo rivoluzionario senza paura è trasmesso da un personaggio meritevole ad un altro. Non ho invece apprezzato la sceneggiatura; l'inversione temporale di lunghe fasi del racconto lo rende inutilmente complicato, rompe l'atmosfera, spiazza lo spettatore, lascia infine con l'amaro in bocca. Consiglierei questo film solo agli appassionati del genere; nella sua imperfezione, rende comunque una interessante rielaborazione dei canoni degli "spaghetti-western".

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