Regia di Anthony Dawson (Antonio Margheriti) vedi scheda film
Una ragazza, cacciata dal college, torna nel castello di famiglia. Ma una maledizione grava sul luogo, tant'è vero che molto presto cominciano a verificarsi i primi misteriosissimi assassinii. Unico testimone di tutti i delitti, il gatto di casa.
Tratto da un racconto di Peter Bryan (chi?), con una sceneggiatura del regista e di Giovanni Simonelli, La morte negli occhi del gatto è un thriller dozzinale che delude da molti punti di vista. Soprattutto per la firma di Margheriti, solitamente ben più incisivo e chirurgico nelle sue scelte di regia (ad es. l'incipit di questa pellicola è molto ben strutturato: ma la tensione si fa poi altalenante e non tutte le soluzioni nelle frequenti scene violente sembrano azzeccate); se il cast inoltre non è eccezionale, comunque qualcosa di meglio ci si poteva attendere da un gruppo di interpreti che comprende, fra gli altri, Serge Gainsbourg, Venantino Venantini, Jane Birkin, il protagonista del Satyricon (1969) felliniano Hiram Keller e ancora Luciano Pigozzi e Dana Ghia. Ulteriore nota favorevole proviene quindi dalla colonna sonora, ritmata e in sintonia con le atmosfere del lavoro, opera di Riz Ortolani. In ogni caso la pellicola procede stancamente per un centinaio scarso di minuti, seguendo la più classica scia di cadaveri dentro a un castello 'maledetto' e proponendo lo stereotipato espediente del gatto - animale apparentemente domestico, ma in realtà selvatico, dalle presupposte ascendenze sataniche - come evocatore di tragedia/e. Non esattamente sorprendente, specie con i presupposti di cui si è parlato; Margheriti continuava d'altronde in quel periodo a lavorare a pieno regime, licenziando anche 2 o 3 pellicole nel giro di un anno: qualcuna, per forza di cose, doveva venire maluccio. 2,5/10.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta