Regia di Mario Bianchi vedi scheda film
Artur Schnitzler, Doppio sogno. Molti sanno che da questo testo proviene l'idea di Kubrick per il suo capolavoro finale, Eyes wide shut (1999); non altrettanti sono a conoscenza del fatto che lo sconosciuto Mario Bianchi aveva già trasportato quello stesso racconto sul grande schermo, una decina di anni prima, con il suo semi-introvabile Ad un passo dall'aurora. Quasi nessuno poi cita Il cavaliere, la morte e il diavolo di Beppe Cino (1983) come primo film a occuparsi del libro del drammaturgo austriaco: ma se pochi hanno avuto la (s)fortuna di reperire Ad un passo dall'aurora, non è che la pellicola di Cino abbia goduto di una tanto maggiore visibilità. L'unica cosa interessante che si può dire sull'opera di Bianchi è che effettivamente anticipa qua e là le atmosfere ansiogene - e le inquietanti maschere carnevalesche - di Kubrick; per il resto trattasi di un titolo erotico non particolarmente elaborato, frutto della decadenza allora in corso del cinema di genere italiano, con un paio di interpreti degni di nota. Stiamo parlando di Tinì Cansino, nel pieno del suo periodo d'oro nella settima arte (e in generale, anche), e di Gerardo Amato, attore non disprezzabile ma da sempre all'ombra del più quotato - non a torto - fratello maggiore, Michele Placido. Bianchi, la cui mano maldestra è risaputa, si firma con il suo vero nome: fatto abbastanza curioso in questo periodo, nel quale era ormai uso adoperare vari pseudonimi per celare la sua identità, ormai legata al mondo della pornografia nel quale lavorava già da qualche anno. 2/10.
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