Regia di Allan Dwan vedi scheda film
È un film interessante perché (come fa notare Claudio G. Fava), oltre a costituire un'antologia degli elementi del cinema bellico in generale ed una delle pietre miliari per la creazione del mito del sergente maggiore (quello dal carattere burbero che addestra duramente le reclute per non farle morire in battaglia), è emblematico di un nuovo modo di concepire il film d'ambiente militare nel periodo della guerra fredda. Non c'è solo il nemico da combattere (in questo caso i Giapponesi), ma anche l'ostilità del sottufficiale, che non è più la figura paterna rappresentata fino a qualche anno prima. Questo elemento di disturbo viene inserito in quella che è stata definita «una manifestazione di nostalgia per una guerra e un tempo in cui le cose erano chiare ed era facile distinguere tra buoni e cattivi» (Giuliana Muscio). In questo senso gli antimilitaristi autori di Hollywood fanno domandare ai morituri se valga la pena morire per le aride «sabbie di Iwo Jima» (come suona il titolo originale). Riequilibra il messaggio lo sventolare della bandiera americana sulla vetta del monte Suribachi, nonché il riconoscimento del valore e del lavoro del sergente maggiore. E proprio il personaggio interpretato da John Wayne (che notoriamente non aveva mai indossato una divisa militare nella vita reale) avrà uno dei suoi più terribili epigoni nel sergente Hartman di Full Metal Jacket.
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