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Uomini in guerra

Regia di Anthony Mann vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Uomini in guerra

di rocky85
9 stelle

«Raccontami la storia della fanteria ed io ti racconterò la storia di tutte le guerre».

Comincia con questa citazione l'unico film di guerra diretto da Anthony Mann, opera ancora poco conosciuta nella filmografia del regista pur essendo una delle sue migliori in assoluto. Anzi, probabilmente il suo ultimo capolavoro.

Siamo in Corea, nel settembre del 1950. I pochi superstiti di un reparto di fanteria vagano stanchi, stremati e con i nervi a pezzi attraverso una landa di terra arida e desolata. Al loro comando c'è il tenente Benson (Robert Ryan), che con grande forza d'animo tenta di guidare i suoi pochi uomini verso l'occupazione di una collina presieduta da un bunker nemico. Durante il cammino incontrano una jeep americana in viaggio: alla guida c'è un sergente maggiore che si identifica come Montana (Aldo Ray) ed al suo fianco un vecchio colonnello (Robert Keith), legato al sedile dell'auto perchè in stato di shock nervoso, praticamente muto e immobile. Il contrasto tra l'intellettuale e riflessivo Benson e l'istintivo Montana, vera e propria macchina da guerra, è inevitabile. «Dio ci perdoni se ci vuole gente come lei per vincere la guerra!», rimprovera Benson al sergente dopo che questi ha ucciso tre soldati nemici senza battere ciglio. «Non creda che sia stato un piacere, non lo è stato!», ribatte Montana. Ma la guerra unirà questi due militari, che impareranno a rispettarsi e a combattere l'uno al fianco dell'altro.

Uomini in guerra (Men in War, 1957) è uno dei progetti al quale Anthony Mann teneva di più. Prodotto da una piccola casa di produzione indipendente e con un piccolo budget a disposizione, il film è tratto dal romanzo Day without End di Van Van Praag e sceneggiato da Philip Yordan (già autore di copioni importanti nella filmografia del regista) e dall'ex blacklisted Ben Maddow, non accreditato. Film dalla forte tesi pacifista ed antimilitarista, Uomini in guerra predilige la tensione psicologica all'azione, la descrizione dei personaggi agli eventi. Il soldato che raccoglie delle margherite e le mette nell'elmetto ne è l'emblema, ma è da notare un rispetto incondizionato per tutte le parti in causa: i soldati, tutti e senza distinzioni di schieramenti, sono accomunati dalla disperata ricerca di salvezza; tutti hanno, nelle loro tasche, fotografie delle loro mogli, dei loro figli, tutti vogliono soltanto tornare a casa.

Ma quello che interessa maggiormente a Mann ed agli sceneggiatori è, ancora una volta e come nei grandi western già diretti dal regista, l'umanesimo di fondo. Al centro di tutto c'è un evento, la guerra, che scatena i cedimenti psicologici in uomini sempre più vaneggianti, sempre più vicini alla follia. Lo stesso Benson, l'unico che continua ad essere razionale in un mondo che non lo è e non può esserlo, finisce col perdere la speranza e pronunciare una frase che di sicuro non piacque al pubblico americano ed alle alte sfere: «Il reggimento non esiste. Il battaglione non esiste. Gli Stati Uniti non esistono. Siamo gli unici rimasti a combattere questa guerra!» Opera da recuperare assolutamente e da annoverare tra i più grandi film di guerra di sempre, asciutta ed antieroica fino alla fine, quando una manciata di medaglie viene gettata attraverso un pendio. Inutili pezzi di ferraglia consegnati per sempre alla terra.

 

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