Regia di Sydney Sibilia vedi scheda film
La fine ingloriosa ma politicamente corretta della scanzonata banda messa insieme dal Pietro Zinni (Edoardo Leo) nel capostipite di successo Smetto quanto voglio, si trova ora con capo banda in carcere, ma di fatto assiduo e solerte collaboratore di giustizia, e con gli altri sorvegliati in attesa di giudizio.
Una tenace ispettrice (Greta Scarano) li sta usando per creare una squadra clandestina destinata ad affrontare il mercato delle cosiddette “smart drugs”, divampate sul mercato a seguito della loro geniale trovata da “piccoli chimici in azione”.
L’intrigo si complica quando il gruppo, rimpinguato per l’occasione di qualche altro trasandato elemento, dovrà affrontare una banda decisamente più organizzata e spietata, in grado di inserirsi a prepotenza nell’ambito di un mercato che sfrutta dipendenze e oscillazioni della domanda per incrementare gli illeciti guadagni clandestini.
Forte di una produzione robusta ed insolita nell’ambito del panorama italiano tradizionalmente riservato alle commedie, il secondo capitolo di una trilogia da impostata in tal senso già subito dopo il buon esito commerciale del primo episodio, soffre di una inevitabile mancanza di “capo e di coda” che finisce per mortificare inevitabilmente gli episodi mediani.
Il film tuttavia si fa apprezzare per il ritmo concitato, per le scene d’azione lunghe e adrenaliniche (la rincorsa sul treno merci è girata davvero molto bene) che proiettano il giovane Sibilia verso territori di genere in cui ci piacerebbe ritrovarlo e valutarlo.
La commedia di cui sopra alterna meglio che può l’azione ad una certa verbosità e ripetizione di situazioni salvate in extremis solo dalla simpatia di personaggi che è un bene ritrovare coesi (divertono in particolare i crucci e le incomprensioni familiari, già visti ovunque ma districati con simpatia ed una alchimia fisico-caratteriale che funziona tra Edoardo Leo e Valeria Solarino), mentre per i nuovi (Morelli e Lo Cascio, ma pure la Scarano in fondo) il giudizio rimane per forza sospeso in attesa dell’imminente epilogo “Ad Honorem”, già pronto per la fruizione, ma per questioni di distribuzione accorta classificato al momento come “in lavorazione”.
E questo Masterclass finisce dunque per essere proprio come una lezione di alto rango a cui il (sotto)titolo si riferisce: perfetta come costruzione e dinamica, strategie di marketing e ambizioni produttive che costituiscono un po’ un precedente su cui si ripongono speranze e ritorni in larga scala, ma un po’ troppo schematico e troppo legato da una parte al primo episodio, e senza una vera fine che possa evitare di lasciare sul chi va là lo spettatore, chissà quanto disposto ad aspettare mesi prima di convincersi ritornare ad affrontare un epilogo nemmeno così pressante ed indispensabile.
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