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Non si ruba a casa dei ladri

Regia di Carlo Vanzina vedi scheda film

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La recensione su Non si ruba a casa dei ladri

di mm40
2 stelle

Antonio è un imprenditorucolo napoletano i cui affari vengono danneggiati da un appalto truccato da un politico corrotto. Venuto a conoscenza della banca svizzera in cui il politico custodisce il suo tesoretto criminale, Antonio mette in atto il suo piano di vendetta.

 

Ennesimo capitolo della Storia d'Italia secondo i fratelli Vanzina. Carlo dirige, Enrico scrive insieme a lui il copione; ma gli argomenti rimangono sempre gli stessi, da decenni ormai: burini italioti, trogloditi maneggioni, zotici arricchiti e poveracci invidiosi si contendono sogni di gloria (e ricchezza e sesso e fama) fasulli. Tutti perdenti, come nella gloriosa commedia all'italiana, ma anche tutti malamente stereotipati, di una volgarità intrinseca e antipatici nel senso più ripugnante, non di quella antipatia sopra le righe tipica delle caratterizzazioni di Gassman e Sordi. I personaggi in questa pellicola sono quelli standard per i lavori dei figli di Steno: anche senza Christian De Sica può bastare Massimo Ghini a fare il romanastro e senza il milanese stordito Boldi c'è il napoletano intrallazzone Salemme (sullo spietato razzismo del titolo del film bisognerebbe aprire un discorso a parte: "non si ruba in casa dei ladri", cioè in questo caso di un napoletano - tragga ciascuno le proprie deduzioni); in ruoli di contorno troviamo poi Stefania Rocca, Maurizio Mattioli, Teco Celio, Manuela Arcuri e Lorenzo Balducci. La storia è il solito concentrato di banalità cafone, alla ricerca di luoghi comuni su cui puntare il dito, per trovare invece in definitiva qualche frivolezza estemporanea su cui sghignazzare e un concentrato di maleducazione, ignoranza e amoralità come nucleo solido della trama. E non certo per puntare contro il dito a tutto ciò, ma per fare spallucce al motto di "siamo italiani, che ci vuoi fare": tutti colpevoli, quindi tutti assolti. Questo tipo di cinema rappresenta una caricatura - una vaga somiglianza con la realtà sovrastata da iperboli delle deformità - dell'Italia, alla faccia delle esorbitanti pretese sociologiche costantemente denunciate con orgoglio dai suoi autori. 2/10.

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Ultimi commenti

  1. UgoCatone
    di UgoCatone

    Caro Miguel, per essere un film dei Vanzina debbo dire che non è stato male e anzi ,in questo caso, è anche superiore a molti film Italiani premiati con contributi Statali. Mio fratello, Professore di statistica, aveva una biblioteca fornita di libri sull'argomento, ma aveva anche la collezione di Tex Willer perché ,diceva, ci vuole anche un diversivo spensierato e pur leggendo svariati giornali non mancava di leggere il "Corriere dello sport". Un caro saluto.

    1. mm40
      di mm40

      Come un orologio fermo che due volte al giorno segna l'ora esatta, anche i Vanzina di tanto in tanto possono azzeccare qualche cosa, non lo metto in dubbio. Indiscutibile la considerazione sui diversivi, che sono utili e addirittura preziosi quando sono tali - ma possono diventare deleteri se costituiscono le occupazioni principali: un intellettuale legge un fumetto spensierato per distrarsi; ma chi legge un fumetto spensierato come unica risorsa letteraria della sua cultura personale non può dirsi altrettanto intellettuale. Ma mi rendo conto che sto banalizzando una questione che meriterebbe maggiori margini di discorso, per cui mi fermo qui, cosciente del fatto che hai sicuramente inteso cosa voglio dire. A presto!

  2. UgoCatone
    di UgoCatone

    Si Miguel, ho compreso. Ciao!

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