Regia di Roger Spottiswoode vedi scheda film
Capita spesso che le storie di amicizia tra uomini e animali abbiano dei toni stucchevoli e abbondino di banalità e melassa. Non è il caso di questo piccolo e gradevole film ispirato al racconto autobiografico di successo A Street Cat Named Bob, che nella messa in scena e nei toni ricorda quasi il prodotto di un festival alternativo.
La trama è molto semplice e lineare, anche prevedibile per molti versi nei suoi sviluppi, ma riesce a trattare un argomento scabroso e delicato, quale la fuoriuscita dalla tossicodipendenza e dall’autodistruzione del protagonista, centrando l’obiettivo con naturalezza e pochi fronzoli.
È una storia che parla fondamentalmente di riscatto, rinascita e seconde possibilità, dispiegandosi con la stessa flemma felpata di un passo felino, quello del simpatico e tenero Bob (che, nei titoli, ci viene detto essere stato interpretato dal vero protagonista delle vicende). Il gattone dal pelo rossiccio è spettatore e spesso viene calato nel ruolo di vero e proprio narratore degli eventi, pur senza un ricorso posticcio ad una voce fuori campo, semplicemente adattando la camera al suo punto di vista, espediente non originalissimo, ma funzionale soprattutto in certi momenti. Il protagonista umano James Bowen invece è impersonato dal giovane attore britannico Luke Treadaway, credibile nella parte del ragazzo fragile e sbandato dal cuore sensibile, che si cimenta anche a cantare e suonare alcune canzoni composte appositamente per il film.
Consigliato agli amanti dei gatti e degli animali in genere e a chi cerca un’oretta e mezza di evasione in una storia genuina e positiva.
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