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Il posto delle fragole

Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il posto delle fragole

di ethan
9 stelle

Il professor Isak Borg (Victor Sjostrom) è un 78enne che vive con Marianne, la bella nuora (Ingrid Thulin, per la prima volta alla 'corte' di Bergman), moglie del figlio Evald (Gunnar Bjornstrand) con la quale non va d'accordo ed ha instaurato un rapporto costruito sulla freddezza, e l'arcigna governante Agda (Jullan Kindahl), che detesta in maniera cordiale, inoltre l'uomo ha alzato una cortina tra sè ed il mondo circostante. Sta per partire per il giubileo accademico quando, la notte prima, è scosso da un terribile incubo: decide così di intraprendere il viaggio con l'auto in compagnia di Marianne. Lungo il tragitto, passando e fermandosi nei pressi della casa dove soggiornò da giovane, riaffiorano in lui i bei ricordi del passato, specie di Sara (Bibi Andersson), da lui amata, e farà diversi incontri, tra cui tre giovani, due ragazzi e una ragazza (sempre Bibi Andersson), che  assomiglia alla vecchia fiamma d'un tempo. Il viaggio sarà un'occasione per ripensare tanto alla sua vita quanto al suo raffrontarsi al prossimo.

'Il posto delle fragole' divide con 'Il settimo sigillo' il ruolo di film più celebre di Ingmar Bergman, ma le due opere, separate solo da un anno, seppur presentando elementi di continuità nella cinematografia dell'autore svedese - sono tutti e due dei road movies un po' sui generis, su cui i simbolismi legati alla morte aleggiano dall'inizio alla fine - sono parecchio distanti nei toni e negli umori, dato che il rapporto con la materia trattata è diametralmente opposto: mentre il primo era un film cupo con timidi squarci d'allegria e serenità, 'Smultronstallet' (il titolo originale) è segnato di un'atmosfera carica di nostalgia, sottolineata dalla languida musica che accompagna le immagini e dalla cangiante fotografia in b/n del fidato Gunnar Fischer, per un'età lontana nel tempo per il protagonista ma altrettanto vivida nei suoi ricordi, vertenti su un amore finito male, narrati stavolta non con la consueta tecnica del flashback - usata in un'unica sequenza, per spiegare il gelido rapporto tra Evald e Marianne - ma introdotti dalla voce fuori campo di Isaak (espediente questo poco o nulla utilizzato da Bergman) e raccontati con un raffinato gioco di montaggio, dove, senza soluzione di continuità, attraverso gli occhi lucidi di commozione dell'anziano, si passa dal passato al presente; gli inserti onirico-visionari invece sono la parte più tetra, pessimista e riflessiva del film, essendo improntati  il primo, più breve, subito dopo l'inizio, su simbolismi inerenti alla morte (gli orologi senza lancette, la bara), con uno stile a metà tra il surrealismo di Buñuel e la pittura di De Chirico, ed il secondo, molto più lungo, dal sapore beffardo (Sara diventa la donna del fratello, viene definito un incompetente in campo medico e vede la moglie che lo tradisce) e amaro sull'esistenza.

Ottimo come di consueto l'uso del paesaggio che fa da fondale alle vicende narrate, alternato a claustrofobiche inquadrature ambientate nei ristretti spazi dell'abitacolo della vettura di Borg e sensazionali le prove dell'anziano Victor Sjostrom nei panni dell'attempato e nostalgico professore carente sul piano affettivo, della new entry Ingrid Thulin nuora e moglie di due persone algide, di Bibi Andersson, usata nel doppio ruolo dell'amore mancato di Borg nel passato e dell'autostoppista al presente e di Gunnar Bjornstrand, incisivo nella pur breve parte assegnatagli.

Un capolavoro senza tempo e, di pari passo, uno dei vertici bergmaniani.

Voto: 9 (v.o.s. e doppiata).

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