Regia di Karl Freund vedi scheda film
Il mefistofelico stereotipo rappresentante il medico scaltro e sinistro, capace di sperimentare audacemente moderni metodi di trapianto e di interventi chirurgici, era alquanto diffuso durante l’inizio del secolo. “Mad Love” di Karl Freund sfrutta i topoi del teatro orientato al Grand Guignol per far rabbrividire il pubblico con un melodramma sferzante, dalle sfumature raccapriccianti, ma non esposte (figurativamente) in maniera esplicita. Lo “scienziato pazzo” della Metro-Goldwyn-Mayer è interpretato dal grande attore ungherese Peter Lorre (Dr. Gogol): avveniristico “camice bianco” attratto dal macabro, perdutamente innamorato dalla bella performer del “Théâtre des Horreurs” di Parigi Yvonne (Frances Drake), sentimentalmente legata al pianista di successo Stephen Orlac (Colin Clive), e quindi non certo intenta a ricambiare le avances di Gogol. Tuttavia una disgrazia inaspettata costringe Yvonne a chiedere aiuto al misterioso ammiratore; Orlac è rimasto vittima di un incidente ferroviario, ove ha perso sciaguratamente le mani: adesso ha un immediato bisogno di un impianto miracoloso, il quale gli permetta di ricominciare la professione. Gogol, nella sua clinica privata, riesce ad eseguire prodigiosamente la cabalistica impresa, utilizzando gli arti di un serial-killer appena condannato a morte. Le nuove dita però sembrano aver preso una vita propria, e spingono Orlac a mettere in atto azioni tremende… L’aspetto davvero formidabile del lungometraggio di Freund è la conturbante ambiguità concernente la personalità enigmatica dell’imperscrutabile Gogol; l’allure contrassegnata dai torvi tratti fisici, quali gli sporgenti occhi dallo sguardo costantemente arcigno, le labbra sottili, e il viso puerile, gli dà una parvenza perfettamente collimata alla natura brumosa, defluita nell’irrefrenabile delirio psichico e spirituale. Un individuo saggio, apparentemente tranquillo e caritatevole, inflitto da una doppia indole, la quale lo porterà a perdere il controllo delle bieche ossessioni che lo perseguitano, fino a soccombere ad una posizione di esecrabile sicumèra: tenterà invano di sfidare le leggi divine (correggendo le caratteristiche anatomiche dei pazienti sotto i ferri), tracimando la tùmida attitudine iconoclasta verso la paranoica, perniciosa schizofrenia... Sconvolgente il lugubre design del travestimento simboleggiante la metafora del collasso introspettivo di Gogol: una mise funerea, da cui fuoriescono delle minacciose protesi d’acciaio, ne avvolge un volto offuscato da occhiali e cappello monocromatici, circonfusi nelle tenebre. La rettitudine è ormai svanita in un vortice virulento di superbia e irredimibile crudeltà; “Mad Love” è un’esperienza sensoriale agghiacciante, la quale trascende le convezioni dell’horror per esplorare argutamente i meandri più scabri e controversi della mente umana.
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