Regia di Karl Freund vedi scheda film
Poco noto horror, ispirato da un ottimo romanzo, diretto da Karl Freund e molto migliore dei più celebri e fortunati classici legittimati da pubblico e critica. Tra le più belle interpretazioni di Peter Lorre, nei panni di geniale medico reso folle da un sentimento d'amore non corrisposto.
Parigi. Agli spettacoli che si svolgono sul palco de "Le théâtre de l'horreur" è presenza fissa il celebre chirurgo Gogol (Peter Lorre), in realtà ossessionato dalla bellezza dell'attrice Yvonne (Frances Drake), attrazione principale delle rappresentazioni grandguignolesche. Gogol arriva ad appropriarsi d'una statua di cera, dalle fattezze di Yvonne, che custodisce gelosamente, assieme a una pianta carnivora, in un'apposita sala della sua abitazione, provocando certo timore e perplessità all'anziana governante (May Beatty). Yvonne è invece felicemente sposata con l'affermato pianista Stephen Orlac (Colin Clive). Durante un viaggio in treno, Stephen rimane coinvolto in un tragico incidente, proprio mentre sulla ghigliottina finisce Rollo (Edward Brophy), un assassino con dote di lanciatore di coltelli. Yvonne invoca l'aiuto di Gogol, al fine di operare Stephen che rischia l'amputazione delle mani. In questo contesto, la folle attrazione - non corrisposta - di Gogol per Yvonne, suggerisce al dottore di architettare un diabolico piano, sfruttando il cadavere di Rollo.
"L'intero volto del mondo è cambiato e io, t'assicuro, dall'istante in cui sentii avvicinarmisi i passi dell'anima tua.
Indovina a chi ella appartiene.
'Alla morte', io risposi.
Ma intorno, campane argentate cantarono:
'Non alla morte, bensì all'amore'."
(Gogol legge i versi di un sonetto - tratto dalla "Elizabeth Barrett Browning's sonnets" - della omonima poetessa)
"Impossibile: Napoleone ha detto che è una parola che non esiste!" (Dott. Gogol)
Sulla base di un notevole romanzo, "Le mani di Orlac" (prima edizione 1920), opera del francese Maurice Renard, gli sceneggiatori John L. Balderston (già all'opera per i classici Universal tipo Dracula, Frankenstein e La mummia) e P.J. Wolfson scrivono un film destinato alla direzione di Freund, eccellente tecnico della fotografia e operatore alla macchina che solo saltuariamente si è dedicato alla regia (Amore folle è il suo ultimo lavoro in tale veste, mentre fino agli anni '60 continuerà a lavorare sui set come tecnico della fotografia e cineoperatore). Il talento di Freund ha qui modo di esprimersi al meglio in virtù di una storia molto ben scritta, a differenza ad esempio di quanto accaduto nel precedente La mummia, e grazie anche al notevole cast artistico che vede nel ruolo principale uno strepitoso Peter Lorre - apprezzato nella sua performance persino da Charlie Chaplin - circondato da personaggi secondari che hanno i volti di Colin Clive (già dott. Frankenstein nel film di Whale), della delicata e dai tratti aristocratici Frances Drake e dell'ironico Ted Healy (nel ruolo del giornalista alla ricerca di scoop, che conferisce un tocco di umorismo macabro alle scene).
Amore folle è un ottimo esempio di horror classico, con derive visionarie, molto migliore di più celebri e fortunati titoli che sono diventati famosi, prodotto dalla MGM ma in stretta relazione con certo tipo di cinema tedesco. Infatti lo stesso regista, Karl Freund, è stato uno dei massimi esponenti del periodo "espressionista". Freund lavora principalmente sull'aspetto tecnico, sviluppando magnifiche immagini costrette in un bianco e nero che ne mette in risalto suggestioni e sensazioni macabre, nelle quali predomina costantemente un senso di morte che si riflette (mediante allegorie sostenute dall'uso di specchi e di doppi) sull'animo del "folle" protagonista: un fantastico Peter Lorre, qui alla sua prima interpretazione su un set americano e insolitamente privo di capelli. Pur essendo, in prevalenza, la tematica horror a predominare nel clima della vicenda, grande merito agli autori va reso per un discreto (e mai invasivo) taglio ironico che esplode in un delirante finale, nelle azioni della governante ubriaca che vede, guardacaso, doppio.
L'eccezionale lavoro scenografico, che si manifesta soprattutto nella chiusa altamente suggestiva, dominata da magistrali giochi di luci e ombre, può vantare l'apporto in qualità di operatore di Gregg Toland, poi al servizio di Orson Welles, in simile ruolo, per Quarto potere (1941).
Vivere dopo la morte
"Una bella invenzione il fonografo: permette all'uomo di vivere dopo la morte."
Questa frase viene pronunciata da Orlac (Colin Clive) mentre ascolta, avvilito, la registrazione di una sua esibizione al pianoforte, effettuata prima di subìre il trapianto della mani. Situazione che assume, per estensione dal fonografo al cinematografo, un aspetto sinistro: oggi Clive è davvero uno spettro di luce, che continua a vivere sullo schermo grazie a una pellicola sulla quale, eternamente, sono impresse le sue immagini.
Curiosità [1]
Scene di morti, feriti o morenti dopo il disastro del treno sono state censurate, mentre in altre versioni (tra le quali quella italiana del dvd Sinister) mancano le scene di tortura, ghigliottina e strangolamento.
La frase pronunciata da Gogol nelle battute finali, "Ogni uomo uccide le cose che ama", è stata prelevata dalla poesia di Oscar Wilde, "The ballad of reading gaol".
La dichiarazione della governante ubriaca (May Beatty) sulla statua di cera ("È andata a fare una piccola passeggiata!"), è una chiara estensione di un verso simile presente ne La mummia (1932), film scritto anche da John L. Balderston e diretto da Karl Freund.
Le ultime parole del dottor Gogol - quando aggredisce Yvonne - citano il poema di Robert Browning "Porphyria's lover'' (1836):
"Ho trovato una cosa da fare e tutti i suoi capelli, in un lungo cordone corvino, ho avvolto tre volte intorno alla gola, e l'ho strangolata."
Amore folle è una delle prime riduzioni cinematografiche derivate dal romanzo di Maurice Renard ("Les mains d'Orlac"), anticipata solo da una precedente versione tedesca diretta da Robert Wiene (Le mani dell'altro, 1924), seguita dall'omonimo Le mani dell'altro (Edmond T. Gréville, 1961) e da Le mani dell'assassino (Newton Arnold, 1962).
[1] Fonte: parzialmente dall'imdb
“Sappi che sceglierei te. Sceglierei te mille volte. Che fosse per me, sarei già lì ad abbracciarti per tutta la notte. O tutta la vita.”
(Charles Bukowski)
Trailer
F.P. 23/05/2021 - Versione visionata in lingua italiana (durata: 64'55")
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