Regia di Anthony Mann vedi scheda film
Bel film su un tema attuale allora come oggi, là come qua. Se infatti il problema dei lavoratori clandestini e dei profittatori tra USA e Messico, mutatis mutandis, esiste ancora, la situazione non è poi così diversa qui nel Mediterraneo. Individui senza scrupoli sfruttano la disperazione degli stranieri per arricchirsi sulla loro pelle, e non hanno nessun problema ad ucciderli quando per qualche motivo sono d'impaccio.
Il grande Anthony Mann (un nome di cui ci si può fidare sempre) mette in piedi un film dal tono vagamente di reportage o di documentario, ma che non manca di sviluppi drammatici e narrativi come nelle pellicole di finzione. Sia alla fine che all'inizio, la voce narrante insiste, comunque, sul fatto che gli eventi narrati sono veramente successi e finiti sui giornali. Il film vuole anche essere uno sprone alle forze dell'ordine a sradicare la malavita che prolifera attorno alla realtà del confine, perché è qualcosa a cui ogni coscienza retta di deve ribellare. Forse, implicitamente, si propone una maggiore generosità nella concessione dei permessi di lavoro, dal momento che la manodopera in patria scarseggia.
Il film gode di una buona tensione drammatica, e verso la fine questa cresce fino al picco di quando i poveracci vengono gettati dai trafficanti nelle sabbie mobili (sequenza impressionante). Tutto quell'ultimo episodio, comunque, con i sicari che camminano sul ciglio della gola della morte e sparano ai clandestini di sotto ha ispirato secondo me numerose sequenze simili nei film di John Carpenter. Sarebbe interessante chiederglielo.
Gli attori non rubano la scena - che è dedicata al problema dei clandestini e non ai personaggi - ma sono bravi. Il capo dei trafficanti appare più terribile proprio perché ha un aspetto di persona per bene, e ha modi raffinati.
Un film da riscoprire e da vedere, anche per riflettere su realtà che si perptetrano e si ripetono nella storia.
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