Regia di Sergio Corbucci vedi scheda film
“Johnny Oro” è il secondo western diretto da Sergio Corbucci, anche se poi uscì nelle sale cinematografiche solo dopo il più fortunato “Django”. Sebbene ritenuto interessante da molti appassionati, il sottoscritto lo ritiene di gran lunga il peggiore della lunga serie del regista romano.
Sebbene sia sceneggiato da due specialisti del genere, come Adriano Bolzoni e Franco Rossetti, il film risente di un soggetto molto scarno non ancora del tutto distaccato dalle influenze americane. L’unica novità è la caratterizzazione del protagonista che se ne va in giro con pistole, speroni e bocchini tutti d’oro, e richiama il proprio cavallo con un fischio; il resto è molto monotono e fin troppo diluito, senza alcuna traccia di malinconia o di poesia macabra.
Protagonista della vicenda è un bounty killer senza alcun valore che non si misuri in oro che finisce per essere incarcerato dallo sceriffo di un piccolo paese per detenzione abusiva di armi da fuoco. La presenza del cacciatore di taglie scatena le ire di un gruppo di briganti e di indiani che mettono sotto assedio il paesaggio per uccidere il recluso. Viene anche riproposta una lunga sequenza fortemente debitrice di “Minnesota Clay” e che poi sarà ripresa da John Carpenter per “Distretto 13”, con un manipolo di soggetti costretti ad asserragliarsi all’interno dell’ufficio di polizia per respingere gli assalti degli indiani.
La regia di Corbucci comincia a muovere passi importanti verso quello stile che lo consacrerà grande maestro del genere, infatti ci sono alcune “trovate” tipicamente italiane come la prima sparatoria (con Johnny Oro che scruta i ricercati guardandoli dallo specchietto messo tra i finimenti del suo cavallo) o il duello finale con il cattivo di turno che viene abbaggliato dalle ondulazioni del bocchino d’oro che il protagonista tiene in bocca. Corbucci introduce anche un pizzico di quella violenza che costituirà il suo marchio di fabbrica (un uomo viene ucciso da un’accetta lanciatagli in testa, scena che sarà ripetuta, con effetti migliori, in “Navajo Joe”), ma siamo ancora nell’ambito di un film dove il regista cerca di trovare la propria dimensione. Le interpretazioni non eccellono e vedono Mark Damon, al suo primo film in Italia, nei panni del protagonista. Eccellente la fotografia di Riccardo Pallottini, stucchevole invece la colonna sonora di Carlo Savina e più in particolare la canzoncina che per tutto il film ricorda che a Johnny Oro interessa solo l’oro. Voto: 5
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